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Vitiello, elogio del Teatro Esse

Aggiornamento: 9 mag 2021

Vivaio di talenti



di Paola de Ciuceis

Era il lontano dicembre del 1966 quando, in via Martucci a Napoli, subito dopo la curva a gomito della strada, in un piccolo cancello tra i palazzi sulla sinistra, s’inaugurava il Teatro Esse spazio underground, quartier generale di un collettivo guidato dal regista e drammaturgo Gennaro Vitiello che, assieme ad Anna Caputi, Antonio Capodanno, Carlo de Simone, Giovanni Girosi, Odette Nicoletti, Mario Miano, Mario Perrucci, si orientava verso le più avanzate prospettive della sperimentazione scenica mettendo in pratica inedite esperienze di teatro d’avanguardia.

Per il debutto si era scelto La magia della farfalla di Garcia Lorca, in una traduzione del testo ancora inedito in Italia, a cura dello stesso Gennaro Vitiello. Già da tempo la lunga via di collegamento tra piazza Amedeo e la Riviera di Chiaia era diventata un vivace e frequentato luogo d’incontro dove, su impulso del rinnovamento, si spaziava dal cinema al teatro passando per la musica tra il Teatro Instabile di Michele Del Grosso, il Play Studio di Arturo Morfino e il cinema Amedeo. Piccole grandi fucine d’idee e vivai di talenti cui si aggiungeva il Teatro Esse, una piccola isola off, un insolito spazio dalle pareti irregolari, senza la consueta separazione tra attori e pubblico, ora atelier, ora officina degli attrezzi, percorso di sistemazione storico-scientifica delle attività del gruppo guidato da Vitiello.

Al tempo, il Teatro Esse, con la sua attività di ricerca, scrisse una delle pagine più interessanti della storia del teatro in città. Un susseguirsi di memorabili stagioni artistico‑culturali animate dalle energie giovanili e dall’entusiasmo della sperimentazione – in quello stesso anno (1966) era approdato a Napoli anche il rivoluzionario Living Theatre di Julian Beck e Judith Malina – che furono punto di aggregazione per una folta comunità di artisti, giornalisti e semplici appassionati, oltre che trampolino di lancio per talenti divenuti, poi, famosi: Peppe Barra, Leopoldo Mastelloni, ecc…

Dopo Lorca, tanti altri furono gli allestimenti memorabili che seguirono: I cenci di Artaud, I Negri di Genet, la Medea di Seneca. Motore di tutto, sempre Gennaro Vitiello la cui acuta capacità di analizzare e rielaborare teatro e letteratura di ogni tempo, rapportandoli alla conflittualità esistenziale del contemporaneo, diede vita ad una vera e propria rivoluzione culturale. Esaurito il tempo dello scantinato, l’esperienza si conclude nel luglio del 1972 con la chiusura del Teatro Esse e la nascita del progetto Libera Scena Ensemble in tandem con Enzo Salomone e Marisa Bello che al teatro nello scantinato preferiscono quello “mobile”, caratterizzato dal decentramento e dall’apertura a collaborazioni con sindacati, enti, istituzioni, Università, nell’ottica di una ricerca fondata sul libero rapporto tra tutti gli elementi scenici (attori, spazio, oggetti); si apre così una nuova stagione nel corso della quale vengono licenziati produzioni e allestimenti altrettanto memorabili – Urfaust di Goethe, La morte di Empedocle sull’Etna di Hölderlin, Il matrimonio di interesse di Lorca – ora sala prova e poi palcoscenico dove si faceva tutto da soli in modo artigianale: drammaturgie e traduzioni, scene e costumi. Proprio come in altre città italiane in cui le cantine erano amate e preferite da artisti desiderosi di opporre al teatro ufficiale le urgenze della società in trasformazione.

Una straordinaria situazione di cui oggi resta concreta traccia nell’archivio e nelle attività dell’associazione Scena Sperimentale Gennaro Vitiello con la quale, Cordelia ed Elisabetta, figlie dell’attore e regista, ne rinnovano e valorizzano la memoria dopo la mostra documentaria Due teatri un regista. Napoli Teatro 1963‑1985 (Accademia di Belle Arti di Napoli, 2012) a cura di Giovanni Girosi e Paola Visone. Significativa l’esperienza del Teatro nel Garage, a Torre del Greco, dove si svolsero convegni e rassegne, laboratori e dove il tutto si ferma interrotto dalla morte improvvisa di Vitiello.

“Ricordare mio padre, racconta Cordelia Vitiello, significa riflettere non solo sul teatro nella nostra città, ma sull’intero capoluogo napoletano in un momento storico in cui c’era un grande fermento artistico. Il nostro impegno ora è orientato in due direzioni: la pubblicazione delle traduzioni e gli adattamenti di Artaud, Lorca, Schnitzler, nella collana Teatro Oltremodo diretta da Egidio Carbone per l’editrice GM Press; e “Alla ricerca del tempo vissuto. Una finestra sull’opera di Gennaro Vitello”, il bando di concorso in collaborazione con Teatro Avamposto Numero Zero per compagnie teatrali che vorranno mettere in scena le rappresentazioni dei testi.


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