Genio e coraggio di un “anti-italiano”. Il ricco archivio dello scrittore fa luce su amicizie illustri e simpatie politiche
di Paola de Ciuceis
Da bambino svogliato e così poco incline allo studio da andare a lavorare come fattorino in una ditta di trasporti, appena quindicenne, a scrittore, giornalista e drammaturgo di grido con intime amicizie di spessore e rilievo non solo partenopeo – delle quali le più belle e intriganti sicuramente furono Eleonora Duse e Sarah Bernhardt, Salvatore Di Giacomo, Francesco Cangiullo, Luigi Pirandello, Emma e Imma Gramatica – prima di essere messo da parte e finire i suoi lunghi giorni (morì ottantaduenne) esiliato e abbandonato da tutti per la sua opposizione al governo fascista, l’intera vicenda di Roberto Bracco (1861-1943) è racchiusa tutta nel Fondo Bracco-Del Vecchio, che ne comprende non solo un cospicuo corpus di materiali originali personali e professionali, ma anche di epoca successiva, raccolti dapprima dalla moglie Laura, quindi dalla nipote Aurelia Del Vecchio.
L’archivio, di grande interesse, è custodito nell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza e dell’Antifascismo “Vera Lombardi”, presieduto dallo storico Guido D’Agostino e diretto da Giulia Buffardi, dov’è consultabile, ordinato e schedato.
A dare conto della consistenza dell’archivio oltre al catalogo stesso – 20mila carte, 400 pezzi tra telegrammi e bigliettini da visita, cartoline e fotografie, scritti autografi, copioni manoscritti e dattiloscritti, un ampio epistolario, canzoni e poesie, articoli e recensioni, produzioni di vario genere – c’è anche il contributo d’inventario di Chiara Atero De Biase e Francesco Soverina apparso nel fascicolo “Omaggio a Bracco” di “Meridione. Sud e Nord nel Mondo” (a. XIII, 4, ottobre-dicembre 2013). Questo corpus di documenti testimonia la versatilità della penna di Bracco, autore prolifico e molto ben apprezzato anche all’estero, come si evince dal successo che le sue opere, tradotte in varie lingue, a suo tempo hanno ottenuto anche fuori d’Italia.
Sul versante dei documenti, vanno segnalati quelli relativi al suo impegno politico e civile, dalla candidatura e dall’elezione a Deputato nella Lista d’Opposizione di Amendola (1924) alla decisa presa di posizione contro il governo fascista sul delitto Matteotti, che gli costò la macchia di “anti-italiano” e un brusco cambiamento della brillante vita tra redazioni di giornali, teatri e serate al Gambrinus; messo da parte, infatti, Bracco fu vittima delle minacce degli squadristi, divenne sorvegliato politico, e perse addirittura il Nobel per la Letteratura (1926), cui era candidato per il dissenso manifestato dal governo fascista.
Passando in rassegna la corrispondenza con familiari, amici, ammiratori e ammiratrici, amanti, attori e compagnie teatrali, editori, richieste di informazioni e raccomandazioni che gli arrivavano a iosa, come quelle di rappresentazione delle sue opere, si ricostruisce l’ampia rete di relazioni che aveva a tutto tondo con le personalità del suo tempo (Francesco Cilea, Benedetto Croce, Federico De Roberto, Ruggero Leoncavallo, E.A. Mario, Anna Maria Ortese, Giacomo Puccini, Matilde Serao, Raffaele Viviani). Con essi, tuttavia, non sempre fu in accordo e armonia; di carattere irascibile e assai maldisposto verso gli avversari, ebbe scontri importanti con Luigi Pirandello, come con il ministro Francesco Saverio Nitti, non senza conseguenze legali.
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