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“La zattera di Géricault”

La storia del pittore francese e del suo celebre dipinto nella commedia di Longo con Maccarinelli alla regia



Di Anita Curci


La zattera della Medusa non è soltanto un quadro di intenso impatto emotivo, ma anche e soprattutto il manifesto di una denuncia, la testimonianza di un “brutto fatto storico” che si trascina dietro il dramma, scandalosamente attuale, dell’abbandono dei naufraghi in mare. Théodore Géricault lo dipinse tra il 1818 e il ’19 – all’età di 29 anni – tirandosi addosso l’acredine dei colleghi e l’ostilità dei poteri forti dell’epoca.

Lo espose col titolo Scène de naufrage al Salon di Parigi del 1819, e fu acquistato dal Louvre nel 1824, l’anno in cui egli morì.

La Méduse era una fregata francese mandata sulle coste del Senegal per accertarsi che l’Inghilterra rispettasse il Trattato di Parigi firmato in seguito alla disfatta di Napoleone e al ritorno dei vecchi regnanti sul trono delle corti europee. E se si arenò nelle secche della Mauritania fu a causa dell’incompetenza del capitano Hugues Duroy de Chaumareys, le cui referenze si limitavano allo stato di nobile e alla fedeltà a Luigi XVIII. Era il 5 luglio del 1816 quando, falliti i tentativi di recuperare la nave, l’equipaggio prese la fuga su sei imbarcazioni di salvataggio, trainando una zattera con quanti non avevano trovato posto sulle scialuppe. La forza del mare in tempesta, strappando la cima che la teneva legata al resto delle barche, isolò la zattera per consegnarla all’umore delle onde. Due settimane di angoscia, disperazione e feroce cannibalismo tra i superstiti, costretti a cibarsi dei compagni senza vita. Poi, l’avvistamento del battello Argus che fece appena in tempo a recuperare i pochi testimoni di una sciagura evitabile. La condanna del capitano a due anni di carcere e alla radiazione dal registro navale, invece della pena di morte come previsto dalla legge, suscitò sdegno in patria e scalpore internazionale. Il sensibile Géricault – nato nella gotica Rouen a pochi passi dalla Cattedrale che aveva ossessionato Monet – ne rimase coinvolto emotivamente. Si mise in modo maniacale a caccia di informazioni, non solo intervistando i sopravvissuti, anche sottoponendosi a esperienze estreme. Il brutale realismo del quadro – che nettamente si distacca dagli equilibri dei canoni neoclassici allora predominanti –, tra corpi nudi e lividi, morti in decomposizione o resti di busti le cui parti mancanti è facile indovinare a cosa fossero servite; e tra espressioni di orrore, disgusto e, perfino, di incredulità come si legge sul volto del padre che protegge le spoglie del figlio dalla fame dei compagni, offrono il giusto spunto per comprendere lo stato d’animo dell’artista, che immortala l’attimo in cui i naufraghi avvistano l’Argus. Zattera obliqua, sviluppo a grandezza reale (491 cm di altezza per 716 di larghezza), effetto scenico tridimensionale a forma piramidale, sono gli elementi che trascinano l’osservatore all’interno del dramma e che, forse, inglobano anche l’anima del pittore. La fase progettuale dell’opera d’arte (olio su tela) cominciò così, seguita da bozzetti e modellini realizzati nelle inquietanti atmosfere del suo atelier parigino, ambiente in cui esordisce la rappresentazione teatrale che il regista Piero Maccarinelli porta in prima assoluta al San Ferdinando di Napoli dal 27 ottobre al 6 novembre, seguendo le orme della commedia di Carlo Longo “La zattera di Géricault”, pubblicata da La Mongolfiera in versione bilingue anche per lettori francesi, nella traduzione di Huguette Hatem, con la prefazione di Marco Tullio Giordana. Il testo muove i primi passi nello studio di Géricault, con l’opera ormai conclusa, ripercorrendo in un viaggio a ritroso le tappe più importanti dell’esistenza dell’artista.

“Ho trovato interessante il tema metafora dei naufraghi emigranti alla deriva senza alcun soccorso”, spiega Maccarinelli. “Géricault ha voluto testimoniare come il governo francese di quegli anni non avesse saputo gestire il naufragio della Medusa. Lo ha fatto anche grazie ai racconti del capitano della fregata, che lo aiutò a ricostruire gli avvenimenti. La sua compulsività lo portò a gettarsi nel mare in tempesta per arrivare a comprendere le autentiche condizioni dei sopravvissuti, fino agli atti di cannibalismo”.

Maccarinelli ricostruisce all’inverso la storia artistica e privata del pittore servendosi dei brillanti meccanismi ideati da Gianni Carluccio per i cambi di scena. Sul palco, Lorenzo Gleijeses nei panni di Géricault, al fianco di Claudio Di Palma (capitano della Medusa), Nello Mascia (lo zio del pittore) e Anna Ammirati (la zia).


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