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Gaber e Luporini al ritmo di rock, funky e jazz

"Far finta di essere sani" al Teatro Nuovo con i Musica da Ripostiglio. Mirò e Ballardini diretti da Emilio Russo



Di Veronica Meddi


Giorgio Gaber e Sandro Luporini, un’amicizia che ha dato vita a un connubio creativo dal sapore di cultura, bellezza e libertà. A cinquant’anni dal debutto, lo spettacolo Far finta di essere sani, diretto da Emilio Russo, torna in scena 26 e 27 novembre al Nuovo di Napoli con Andrea Mirò, Enrico Ballardini e i Musica da Ripostiglio.

Emilio Russo, qual è l’input che l’ha spinta a entrare nel mondo Gaber?

“Frequento, frequentiamo, con il Teatro Menotti, il pianeta Gaber da un po’ di anni, abbiamo fatto tanti spettacoli. Ricordo E pensare che c’era il pensiero con Maddalena Crippa, Giulio Casale. Far finta di essere sani è un testo scritto da Gaber e Luporini nel 1972 e fu accolto da una certa politica in modo ostile. Questo spettacolo rimarcava i confini tra follia e sanità di mente, tanto che è stato interpretato anche a Trieste da Basaglia. Noi, con i Musica da Ripostiglio, abbiamo rivisto gli arrangiamenti, anche nuovi, dal jazz, al funky, al rock. Spero che Gaber, ascoltando, non si sia troppo turbato”.

Tutto nasce dall’amicizia tra Gaber e Luporini. Scrittura e pittura, due codici comunicativi differenti. Parlare la stessa lingua funziona? “Si sono incontrati in una mostra collettiva qui a Milano un massimalista comunista, Luporini, con un anarchico come Gaber. Gaber veniva da un successo popolare televisivo e ha preferito fare questo passaggio al teatro canzone inventato da lui”.

L’idea nacque 50 anni fa. Perché ha scelto questo titolo in questo momento storico.

“Questo spettacolo, in forma di concerto e non definitiva, era già previsto nella Stagione 2019/2020, ma ci siamo bloccati a febbraio. A mezzanotte e un minuto, il 10 giugno del 2020, appena si è potuto riaprire i teatri, poi richiusi, abbiamo aperto il nostro teatro, tutti contingentati, e abbiamo fatto questo spettacolo in forma di concerto. La concomitanza con il momento della pandemia, che c’è ancora in qualche modo, è stata abbastanza una coincidenza, però le coincidenze hanno sempre un significato”.

Qualèla grandezza di Gaber?

“Lui riusciva a miscelare il pubblico con il privato di un uomo che non riesce mai a volare in alto come vorrebbe la sua mente perché le cose della vita, poi, ci portano in basso”.

Gaber diceva che basterebbe guardare il mondo con i propri occhi e non con quelli degli altri. Lei con quali occhi guarda all’arte e alla vita?

“Aggiungo un’altra citazione alla sua. Don Chisciotte diceva che non bisogna guardare con gli occhi ma con il cuore, con l’immaginazione. Ritengo che chi fa teatro debba fare un po’ tutte e due. Personalmente, provo a guardare con uno sguardo più lontano possibile. I miei occhi guardano avanti, ma anche con un po’ d’angoscia”.

Un suo pensiero su Andrea Mirò ed Enrico Ballardini.

Li amo tantissimo. Invito a venire ad ascoltare Andrea Mirò, una delle voci più pulite, forti, chiare, belle che ci siano. Lei si mette moltissimo in gioco e ha una potenzialità pazzesca. Ballardini è completo, recita, canta, balla, suona. Lui è in grado di fare tutto e tutto bene. Loro due e i quattro musicisti di Musica da ripostiglio sono di una bellezza straordinaria”.



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