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La Scena Successiva

Claudio Di Palma: “Progetto legato alla nostra tradizione scenica”



La Scena Successiva - Claudio Di Palma

di Viola Verne


Ha preso il via a febbraio la prima edizione di La Scena Successiva, un progetto di formazione e perfezionamento teatrale con sede al Teatro Comunale di Caserta, ma strettamente collegato a Napoli, con il Teatro Nuovo e la sede della Fondazione De Filippo.

Il progetto nasce per iniziativa del Teatro Pubblico Campano in collaborazione con il Comune di Caserta, offrendo nuove opportunità a giovani artisti in cerca di percorsi per affinare abilità e strutturare professionalmente la vocazione. La direzione del progetto è affidata al regista Claudio Di Palma, ed è rivolto a quindici giovani attrici e attori di età compresa tra i 18 ed i 27 anni, selezionati sulla base di candidature e audizioni. Si tratta di un’esperienza di scuola‑laboratorio teatrale, un percorso di formazione e verifica della durata di quattro mesi, con una successione di stage intensivi, durante i quali si alterneranno pratiche di scena e masterclass teoriche.

Di Palma, perché il titolo La Scena Successiva?

L’ambizione è quella di saper costituire un’occasione di futuro, di riuscire a prefigurare la fisionomia di un prossimo scenario teatrale o almeno di quello immediatamente successivo all’attuale”.

E più precisamente? In che modo questo progetto può contribuire all’ ipotesi di “futuro” teatrale cui lei fa rifermento?

Attraverso un intendimento antico ed altro del concetto di scuola. La parola scuola proviene dal greco scholé ovvero ozio, l’ozio inteso però come luogo del continuo ri‑pensamento di sé. In questo spazio di conoscenza il lavoro dell’attore viene a collocarsi come una singolare variante creativa. È in nome di questo principio che La Scena Successiva intende offrire a giovani attrici ed attori un luogo di sperimentazione e perfezionamento delle proprie attitudini espressive”.

Quale l’obiettivo immaginato?

Sono convinto che un percorso di formazione teatrale corrisponda ad un delicatissimo processo di educazione sentimentale. Occorre dunque lavorare sulle capacità del sentire, di conseguenza, sui sensi e sul senso. Spiegare allo sguardo della classe lo scenario ampio delle arti tutte; osservare, raccogliere e riconvertire le loro percezioni. L’obiettivo è, dunque, creare le precondizioni artistiche e morali (umane) in grado poi di lasciare ai giovani stessi l’opportunità, la libertà, di scegliere o determinare la scena successiva”.

Ha parlato di classe. L’attenzione cade, dunque, sulla sezione della scuola riguardante le Masterclass. Può spiegarne la funzione?

Anche qui, come per scuola, è opportuno rifarsi al significato originario delle parole piuttosto che alla loro applicazione convenzionale. Da un lato un Maestro (Master) e dall’altro una classe, appunto, o meglio una kalèsis, una convocazione, un’ accolta, una chiesa. Le Masterclass sono caratterizzate da questo rapporto in fondo semplice. A renderlo speciale la qualità dei maestri e la predisposizione all’ascolto della classe; a leggere nomi e facoltà corrispondenti mi pare restino garantite entrambe”.

Quali ulteriori caratteristiche distinguono La Scena Successiva, che lei comunque definisce scuola, da realtà simili già operanti sul territorio?

Nessun piglio rivendicativo di originalità motiva ed anima la nascita di questo progetto. Ho inoltre ragioni fondate per ritenere altissima la quota di senso ed indirizzo data e sostenuta dalle più radicate esperienze di pedagogia teatrale a Napoli e a Caserta. La Scena Successiva stringe maggiormente la focale su un luogo delimitato del teatro ovvero quello legato alla nostra tradizione scenica. Tenta un gioco di lenti incrociate che dilati la parola tradizione dal senso di trasmissione a quello del tradimento”.

Ritiene ancora importante che dei giovani attori abbiano coscienza della propria tradizione teatrale?

Senza nessuna sterile tentazione passatista. Le radici restano però, per loro stessa definizione, fondamentali. Un radicamento forte serve per resistere ai venti di novità quando puzzano di strumentalità, a quelli vecchi se impolverati di retorica e serve soprattutto a spingersi controvento per provocare il futuro”.

È anche questo il senso della Monografia De Filippo che avrà sede proprio alla Fondazione dedicata?

Naturalmente sì. I De Filippo, ed in particolare Eduardo, per la sua propensione a fare scuola oltre che il proprio teatro, rappresentano in modo emblematico il senso della tradizione come occasione di consegna del sapere e contemporaneo tradimento dello stesso. La drammaturgia di Eduardo è, in quest’ottica, il segno più alto; è divenuta nel tempo sintesi fra stilemi ancora ottocenteschi e le istanze innovative di un secolo controverso ed ispiratissimo come il Novecento. Una radice solida e profonda grazie alla quale si è potuto passare alla scena successiva dell’articolata e disomogenea nuova drammaturgia napoletana di fine secolo”.


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