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Eugène lonesco

Un consiglio ai giovani autori? “Dico di imparare a invecchiare in attesa che arrivi l’Apocalisse”



di Giuseppe Sollazzo

Monsieur Ionescò... Monsieur Ionescò...

IONESCO

(come svegliandosi da un sogno) Oui?

Vorrei farle un’intervista...

Ma quello che avevo da dire l’ho detto da vivo…

Guardi che questa è un’intervista impossibile...

Ah, c’est bien! Allora il discorso cambia, mi sono sempre piaciute le cose impossibili.

Dopo le uova e i pomodori marci verso dadaisti e surrealisti, si presentò lei con La cantatrice calva, definita anti-commedia, in cui la cantatrice non appare mai.

Devo dire che le prime dei miei lavori furono catastrofiche. Ma non erano brutti spettacoli. lo e il mio regista Nicolas Bataille eravamo estremamente poveri. Ma Bataille per La cantatrice calva si dette da fare per ottenere in prestito i costumi del film Occupe-toi d’Amélie. Non si può quindi dire che l’allestimento fosse misero, faceva, anzi, veramente pièce da boulevardier.

Il suo regista ebbe la bella idea di registrare la voce fuori campo della prima didascalia: “Interno borghese inglese, con due poltrone inglesi. Serata inglese. Il signor Smith, inglese, nella sua poltrona inglese e nelle sue pantofole inglesi, fuma una pipa inglese e legge un giornale inglese; la signora Smith, inglese, rammenda le sue calze inglesi. Una lunga pausa inglese, la pendola inglese batte diciassette colpi inglesi”

Esatto, il pubblico sorpreso dalla banalità del linguaggio rideva, ma poi voleva a tutti i costi trovare un significato profondo, non trovandolo taceva intimidito. La pièce terminava con un grosso litigio tra quattro coprotagonisti che urlavano vocali e consonanti in libertà! Giocare con le parole, fare qualsiasi cosa con esse, è una liberazione. Date alle parole una libertà intera, fate dire loro qualsiasi cosa, senza nessuna intenzione, ne uscirà sempre qualcosa. Immagini la faccia degli spettatori quando sentivano gli attori recitare: Par! Là! C’est! A e i o u!

Non era capito né dal pubblico né dai critici.

Mais c’est bien ça! Quando si è capiti non c’è più niente da capire. Ed io volevo invece far capire che non c’è niente da capire se non la vacuità di tutte le cose. E poi avevo dalla mia parte personaggi come André Breton, Jean Tardieu, Raymond Queneau e anche il giovane Gérard Philipe.

Forse il suo teatro era troppo d’avanguardia, diremmo oggi...

Ma no! Lasci perdere i cliché. Il linguaggio del teatro sarà sempre il linguaggio del teatro. L’evoluzione della pittura, per esempio, è sempre stata una riscoperta della pittura, del suo linguaggio, della sua essenza. Con Klee, Kandinskij, Mondrian, Braque, Picasso, la pittura non ha fatto altro che cercare di liberarsi da ciò che non era pittura: letteratura, aneddoto, storia, fotografia. E poi, ricordi: ogni forma di espressione consolidata è una forma di oppressione!

È vero che all’inizio il teatro la irritava?

Sì, soprattutto quando vedevo gli attori identificarsi totalmente con i personaggi e, per esempio, piangere vere lacrime sulla scena. Trovavo tutto ciò insopportabile, veramente indecente. Soltanto quando ho cominciato a scrivere per il teatro, del tutto casualmente e con l’intenzione di metterlo in burla, ho cominciato ad amarlo, e ho capito cosa dovevo fare.

Cosa?

Fare un teatro di violenza: violentemente comico, violentemente drammatico. Il teatro sta nell’esagerazione dei sentimenti, esagerazione che distorce la piatta realtà quotidiana. Il mio desiderio era far apparire sulla scena una tartaruga, trasformarla in un cavallo da corsa, trasformarlo in un cappello, una canzone, un corazziere, un’acqua di sorgente. In teatro si può osare di tutto, sebbene ora sia il luogo in cui si osa il meno possibile.

Che consiglio può dare ad un giovane autore?

Imparare ad invecchiare bene in attesa dell’Apocalisse. Secondo San Giovanni potrebbe arrivare anche oggi, o domani, insomma molto presto.

Nel frattempo cosa bisogna fare?

Trovare un buon fisioterapista.

Cos’è per lei il teatro?

Il teatro è una sfida all’angoscia universale.

E la vita? Qual è per lei il significato della vita?

Il leone o la tigre che saltano nel cerchio di fuoco, si chiedono qual è il significato della vita?

Sì, ma lei conosce entrambi i mondi...

Puff! Là! C’est! Par!

Un’ultima risposta la prego!

A E I O U! PEREPÈ PEREPÈ PEREPÈ!

Un vento gelido attraversa la platea, delle mani invisibili sollevano di peso l’intervistatore, mentre il fumo riempie tutta la sala, e l’eco di una risata risuona nel teatro vuoto.

(Le risposte di lonesco sono tratte dai suoi taccuini e da interviste rilasciate ai giornali).


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