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Emma Dante riscrive Basile

La regista siciliana: “Con Pupo di zucchero mi sono ispirata al Pentamerone”



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di Enrica Buongiorno


C’era una volta un vecchio che sentendosi solo decide, nel giorno dei morti, di invitare a cena i suoi familiari ormai morti e, nell’attesa che arrivino, prepara loro una pietanza tradizionale fatta di acqua, farina e zucchero. La favola Pupo di zucchero, scritta e diretta da Emma Dante, è un omaggio alla memoria dei defunti ma anche alla bellezza della vita. In scena al Mercadante di Napoli dal 4 al 15 maggio.

Emma Dante, come nasce questo “Pupo di zucchero”?

“Mi sono ispirata ad una fiaba del Pentamerone di Gianbattista Basile dal titolo Smalto. In questa storia una ragazza chiede al papà di comprarle alla fiera alcuni ingredienti per cucinarsi un dolce con forma umana e una volta cucinato se lo sposa. Tutto è partito da questa suggestione. Ho riscritto la fiaba e l’ho ambientata il 2 novembre, il giorno dei morti che per noi siciliani è un momento di festa. In quella giornata infatti vengono venduti sulle bancarelle questi pupi di zucchero coloratissimi”.

La fiaba cosa rappresenta per lei?

“Nelle fiabe tutto è possibile e questo mi piace molto. C’è sempre un elemento fiabesco nel mio teatro, anche nei film che ho girato. La fiaba è il luogo dell’esplorazione, è ciò che ti equipaggia rispetto alle scelte importanti. Spesso tendiamo ad edulcorarle, cosa che i grandi autori come Andersen non fanno. Lo stesso Basile è tremendo. Le sue sono fiabe shakespeariane. C’è una ferocia nel suo mondo che racconta la verità e questo mi piace molto”.

Veniamo alla relazione con i defunti che al Sud è molto sentita. Qual è il suo rapporto con la morte?

“La morte non deve essere un tabù perché è quell’evento con il quale tutti, prima o poi, hanno a che fare. È nemica di tutti ma è anche amica di tutti, non fa discriminazioni. Ho un rapporto sano con la morte mentre sono terrorizzata dalla malattia e dalla sofferenza”.

Cosa vedrà il pubblico in questo spettacolo?

“Vedrà il ritmo, la danza, e anche la lingua visionaria di Basile. Il pubblico ascolterà la musica di Ezio Bosso, un grande compositore che ho amato molto. Ho inserito, infatti, due suoi brani nello spettacolo che accompagnano la rianimazione della casa, il momento in cui il protagonista riesce, aprendo la porta, a far entrare i suoi cari. Che non sono fantasmi ma rappresentano la sua memoria, la memoria della sua casa. Il pubblico vedrà la vita”.

Che rapporto ha con Napoli?

“È un rapporto solido e duraturo visto che ho sposato un napoletano. Fin dall’inizio, nei miei spettacoli c’è sempre stato un personaggio napoletano. Credo che le lingue del teatro siano appunto il napoletano, il siciliano e anche il pugliese”.

E il cinema?

“In primavera partiranno le riprese del mio nuovo film tratto dalla pièce teatrale Misericordia. Il cinema è un innamoramento, uno sconfinamento e mi piace molto farlo, ma sono e rimango una donna di teatro”.


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