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"Ecloga XI" al Nuovo di Napoli

L'arte di Anagoor e la poetica di Zanzotto. Un incontro che passa per Virgilio, Dante, Petrarca, Leopardi e Pasolini



"Ecloga XI" al Nuovo di Napoli

Di Francesco Gaudiosi


Il 22 e 23 ottobre sarà in scena al Nuovo di Napoli lo spettacolo Ecloga XI, prodotto da Anagoor in coproduzione con Centrale Fies, Fondazione Teatro Donizetti Bergamo, ERT/Teatro Nazionale, Teatro Piemonte Europa e Operaestate Festival Veneto. Lo spettacolo è un omaggio alla raccolta di versi di Andrea Zanzotto intitolata IX Ecloghe. Con questo titolo, Zanzotto allude alle dieci ecloghe delle Bucoliche di Virgilio, decidendo tuttavia di stare un passo indietro al grande poeta latino: da qui il titolo della sua raccolta di versi IX Ecloghe, poi trasformato dal collettivo Anagoor (nato da un’idea di Simone Derai e Paola Dallan) in Ecloga XI, “omaggio presuntuoso alla grande ombra di Andrea Zanzotto”, come sottotitola lo spettacolo, esattamente come le IX Ecloghe erano state definite da Zanzotto stesso “un omaggio presuntuoso alla grande ombra di Virgilio”. In Ecloga XI la regia, le scene e le luci sono di Derai, che firma anche la drammaturgia insieme a Lisa Gasparotto. A interpretare il testo, Leda Kreider e Marco Menegoni; mentre Mauro Martinuz cura musiche e sound design.

“Zanzotto è stato un poeta assoluto del Novecento e oltre, versato – come dice di se stesso – nel Duemila, con un orizzonte di contatti vertiginoso tanto verso la tradizione quanto verso le spinte più avanzate del pensiero, della letteratura e della poesia del suo tempo”, spiega Derai. “Pur non avendo mai citato apertamente il poeta, i nostri lavori precedenti è come se fossero sempre stati in qualche modo “zanzottiani”.

Intanto ci accomuna uno sguardo solo apparentemente periferico, che dalla provincia fissa invece il centro della storia e il cuore della crisi dell’umano: il nostro è un discorso continuo sulla devastazione, non in atto ma avvenuta, del territorio locale e dell’intero pianeta. Una mutazione che indelebilmente ha segnato la terra e la gente, attraverso fratture culturali e psichiche che si riflettono sulla lingua. Anche il nostro lessico scenico ha qualcosa di barbaro, di balbuziente che dice di una lingua inefficace o sofferente e di una politica miserabile che non offre più sostegno”.

In Ecloga XI Anagoor rinuncia completamente all’utilizzo delle immagini video con le quali ha intessuto più volte i propri lavori aprendo squarci sulla devastazione della terra, sulla cementificazione e sulla violenza perpetrata sulle altre specie. Ci si focalizza piuttosto su alcune immagini evocative: “lo spettacolo si apre sulla visione della Tempesta di Giorgione, primo e fulminante paesaggio della Storia dell’Arte, privo di figure umane, purtuttavia con un orizzonte visivo irrimediabilmente filtrato e corrotto dall’intervento dell’uomo”, continua Derai. “Così accadrà che la tela di Giorgione in scena verrà oltraggiata, con l’opera Wood #12 AZ di Francesco De Grandi, pittore siciliano tra i più interessanti e acclamati del panorama contemporaneo, la cui selva fosforescente e radioattiva corona la profezia di orizzonte futuro”.

Lo spettacolo intende dunque tracciare un continuum temporale in cui i versi di Zanzotto parlano con la voce futura della profezia, in una catena poetica che da Virgilio passa inter alia per Dante, Petrarca, Leopardi e Pasolini. Zanzotto in un certo senso supera Pasolini nell’intravedere i sintomi di quella che il regista Derai definisce “una megamalattia in corso”. Infatti, “se Pasolini assegna in definitiva la priorità ancora a una dinamica di classe, con l’idea di genocidio culturale a descrivere la fine del millenario mondo contadino, Zanzotto come in una staffetta apocalittica estrema, lo supera su un piano ecologico e planetario. Nel definire la sua apocalisse, Pasolini rimane in una prospettiva antropocentrica, non abbandonando la dimensione del tempo umano. Al contrario, attraverso l’espressione fine dell’eone, e nel contesto di una lucidissima visione della devastazione climatica definitiva, Zanzotto inserisce la sua riflessione in un tempo non umano, quello, impensabile e perturbante, delle ere geologiche”.

In Ecloga XI è prevista una particolare commistione tra prosa e musica attraverso la riproduzione acustica di un nastro magnetico, che contiene la registrazione di un evento che è un doppio falso: un immaginario antico carnevale veneziano, falso documento proveniente da un un’imprecisata epoca storica, ma che è anche il reenactment del celeberrimo incipit del Casanova di Fellini per il quale Zanzotto compose i versi del Recitativo veneziano raccolto poi in Filò. Da quell’incipit acustico, suono della parola e suono musicale continueranno ad intrecciarsi per tutto l’arco dello spettacolo.

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