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Così è (o mi pare) è tutto vero o forse no

Aggiornamento: 23 nov 2022

Abolizione della distanza e crollo definitivo della “quarta parete”. Con Elio Germano la realtà

virtuale irrompe tra teatro e cinema in una nuova dimensione



di Antonio Tedesco

Un po’ cinema un po’ teatro, ma in sostanza nessuno dei due. Bisognerà pensare a nuove categorie per definire l’esperienza della realtà virtuale (VR nell’abbreviazione anglosassone).

Una nuova e diversa modalità di frui-zione della quale questo Così è (o mi pare), presentato lo scorso mese di novembre al Teatro Nuovo di Napoli, rappresenta un importante esperimento di come un’avanzata e avve niristica tecnologia possa essere proficuamente utilizzata a fini espressivi oltre che semplicemente dimostrativi, come in gran parte è stato fino a oggi. Il famoso testo di Luigi Pirandello (con la variante del se vi pare, tra parentesi) che mette in scena i lambiccamenti della “buona società” intorno alle inestricabili vicende della Signora Frola, di suo genero, Signor Ponza e della di lui moglie, è stato adattato da Elio Germano appositamente per questo innovativo strumento di rappresentazione.

Da anni Germano è impegnato in ricerche e produzioni sulle tecniche espres-sive della VR insieme al regista Omar Rashid, con il quale ha già realizzato un paio di opere. Un lavoro pionieristico che ricorda, per certi versi, quello dei primi operatori del cinematografo di oltre un secolo fa. La scelta del testo di Pirandello contribuisce a sua volta a crea-re un gioco di sponde e di rimandi tra le possibili “virtualità” di ogni presunta realtà (o verità), ponendo lo spettatore (fornito di visore e cuffia) al centro di un vero e proprio trattato filosofico-tecnologico, dove l’uso della tecnologia avanzata accentua e, diremmo, esalta l’assunto filosofico pirandelliano. Grande intelligenza e ampia visione prospettica quella di Elio Germano che ha il coraggio di inoltrarsi in un territorio ancora largamente inesplorato ma che si annuncia ricco di possibili e stupefacenti sviluppi.

Ma non solo è necessario ridefinire una adeguata terminologia per questo tipo di rappresentazione, ma anche, e forse soprattutto, la posizione dello spettatore, che viene a trovarsi in una condizione del tutto nuova. Con la precisa percezione che i personaggi interloquiscono proprio con te (spettatore), che sei lì, in mezzo a loro, e bisogna tenere a freno l’impulso di interagire. Senza contare che questa radicale abolizione della distanza, il crollo definitivo della “quarta parete”, ci mettono di fronte a un Pirandello esaltato all’ennesima potenza.

Siamo coinvolti, siamo dentro. Non abbiamo vie di fuga. È un confronto diretto con ciò che abbiamo intorno a noi e che ci riguarda.

Una sensazione che ci portiamo anche dopo.

Non abbiamo “visto” uno spettacolo. Abbiamo “partecipato” ad un’a-zione, addirittura identificandoci con uno dei personaggi in scena, appositamente aggiunto in questa riduzione per offrire un punto di vista “interno” allo spettatore, e con lui ci siamo anche spostati per la casa grazie all’escamotage della sedia a rotelle. Siamo stati testimoni di qualcosa più vissuta che osservata. E non basterà il chiacchiericcio da foyer per liberarci di quei volti, di quelle voci, di quelle parole. Si potrà meglio comprendere, finalmente, quanto tutto questo ci riguardi e non è solo “filosofia scenica” di un grande e acuto drammaturgo.

Ma c’è ancora un terzo punto da ridefinire, quello della recitazione. Il massimo della finzione (ovvero, della piena illusione di realtà) si ottiene con il massimo della verità. Abolendo, cioè, ogni usuale schema recitativo, ogni forzatura interpretativa.

Le tecniche attoriali valide per le rappresentazioni teatrali e cinematografiche (come “portare” la voce, non sovrapporsi, muoversi in un determinato modo) non sono qui altrettanto efficaci.

L’attore non deve recitare né interpretare, ma sforzarsi il più possibile di “essere” quella determinata persona in quel determinato momento. Pena la perdita di efficacia del dispositivo. Cosa in cui sono riusciti molto bene i numerosi interpreti coinvolti (tra cui lo stesso Germano, Gaetano Bruno, Serena Barone, Michele Sinisi, Caterina Biasol, Natalia Magni e molti altri, con la partecipazione di Isabella Ragonese e Pippo Di Marca) sotto la regia, anche questa non convenzionale, sempre di Elio Germano.

Teatro riproducibile?

Cinema partecipato?

Un incrocio non ancora classificabile che darà vita a qualcosa di diverso da entrambi?

Un nuovo mondo si apre e dovremo presto imparare a (ri)conoscerlo.



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