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Vitiello, quando “arte” comincia con Esse

Aggiornamento: 9 mag 2021


di Antonio Tedesco

Sono trascorsi trentatré anni dalla scomparsa improvvisa di Gennaro Vitiello. La memoria della sua figura e della sua opera è stata affidata a iniziative per lo più occasionali che molto devono alla tenacia dei suoi familiari, in particolare delle figlie Cordelia e Elisabetta. Dal convegno di Battipaglia nel 1995, a 10 anni dalla scomparsa, fino alla mostra all’Accademia di Belle Arti di Napoli, nel 2012, con foto, bozzetti di scena, testimonianze e grande partecipazione di pubblico. Fino a giungere, finalmente, in questi ultimi mesi a delle pubblicazioni dedicate al suo concreto lavoro di artista, di artefice di un teatro che sapeva coniugare grande sapienza teorica ad una fantasia di freschezza quasi fanciullesca. Un “tocco magico” che distingueva e rendeva unico il suo lavoro. Fin dall’esordio con “La magia della Farfalla”, di Federico Garcia Lorca, testo inedito in Italia che nella traduzione e messa in scena dello stesso Vitiello, inaugura nel 1966 la gloriosa avventura del Teatro Esse. Questa traduzione viene pubblicata adesso dalla G.M.PRESS (pp.69, € 15), in una collana curata da Egidio Carbone Lucifero, che si propone, meritoriamente, di riproporre i testi che Vitiello traduceva direttamente da grandi autori del teatro europeo contemporaneo (oltre Lorca, Genet, Artaud, Brecht e altri). Lavori che hanno nutrito le produzioni del Teatro Esse prima e del Libera Scena Ensamble poi. Il testo, prezioso nella sua rarità, è arricchito da contributi di critici e storici del teatro come Paolo Puppa, dello scenografo e cofondatore del Teatro Esse, Giovanni Girosi, di attori e collaboratori e della stessa figlia di Gennaro, Elisabetta.

Al primo periodo del Libera Scena Ensamble, si riferisce, invece, un altro testo uscito alcuni mesi fa presso l’Editore Ombre Corte di Verona, “Palestre di vita - Omaggio a Gennaro Vitiello” (pp.116. € 10,00). Ne è autore Ernesto Jannini, artista figurativo che ha vissuto, nei primi anni Settanta, una breve ma intensa esperienza d’attore nella compagnia fondata da Gennaro Vitiello a Torre del Greco. Esperienza che l’autore considera di fondamentale importanza per la sua stessa formazione umana e artistica. Il libro, che si avvale di una prefazione di Stefano De Matteis, mette in luce l’abilità registica di Vitiello e la sua capacità di lavorare sull’interiorità degli attori prima ancora che sulla esteriorità dei ruoli da interpretare. Due testi, per certi versi complementari che documentano la complessità e la completezza dell’approccio di Vitiello all’esperienza teatrale. In attesa di uno studio critico approfondito che ne analizzi l’ opera nella sua interezza e gli restituisca il posto che merita nel contesto storico del teatro contemporaneo.


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