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“Stasera andiamo a vedere Luisa Conte”

Il ventennio di successi al Teatro Sannazaro nel libro di Giulio Adinolfi



Stasera andiamo a vedere Luisa Conte

di Simone Sormani


“Ma da dove viene questa donna? Ogni volta che la vedo, che guardo le sue fotografie, che la sento recitare, io ricordo che Luisa Conte viene dal cuore antico della mia città. Il suo viso è bello e forte, provocante e sfrontato, dolce e aggressivo come dovevano essere il volto dell’Assunta Spina e della Capuana. Lo so, viene dai Tribunali, viene dal varietà, viene dalla miseria, viene dalla vita vissuta, dal coraggio del marito Nino Veglia, viene da un infarto. In un’attrice come Luisa Conte c’è qualcosa di più dell’arte e del mestiere, della bravura e della naturalezza. C’è, come dire, un’accumulazione secolare di umori, di odori, di sensazioni, di passioni, di idee”. Così affermava il giornalista Antonio Ghirelli parlando di colei che è stata l’interprete più “viscerale” non solo del teatro, ma anche della “teatralità” del popolo napoletano. Vi era infatti in Luisa Conte una carica gestuale, un insieme di toni, espressioni e accenti provenienti direttamente dal ventre della città, che esplosero in tutta la loro comica e genuina irruenza negli anni della rinascita del Teatro Sannazaro, quando l’attrice con Nino Veglia rilevò la storica sala di via Chiaia a Napoli — ridotta a cinema di dubbia fama — e cominciò a portarvi in scena farse e commedie vecchie e nuove insieme a Nino Taranto, Ugo D’Alessio, Enzo Cannavale, Gennarino Palumbo, Olimpia Di Maio, Pietro De Vico, Giacomo Rizzo e altri, sotto la direzione di Peppino Di Martino e Gennaro Magliulo.

Una stagione d’oro, cominciata nel 1971, che fece numeri impressionanti, con spettacoli che arrivarono ad essere replicati fino a sei mesi di seguito, a cui Giulio Adinolfi ha voluto dedicare il libro Stasera andiamo a vedere Luisa Conte. E i napoletani tornarono a teatro (Iuppiter Edizioni, pp.118, € 12,00).

L’autore, che fu uno dei componenti della Compagnia Stabile Napoletana del Sannazaro tra il ’71 e il ’94, scrive nell’introduzione: “Quante volte ho sentito dire parlando del Teatro di via Chiaia, “Va be’, il Sannazaro è stato un fenomeno a parte”, con il rifiuto, da parte dei sostenitori di questa bizzarra tesi, di analizzare le ragioni di un successo così pieno e travolgente. Ecco, io vorrei spiegare quel “fenomeno”, inquadrandolo nella situazione teatrale dell’epoca per far capire che quegli anni irripetibili non sono stati causati da fortunate coincidenze astrali, ma frutto di scelte coraggiose, di intuizioni geniali, del lavoro instancabile e appassionato di professionisti che non solo rappresentavano delle eccellenze, nei rispettivi settori, ma che sono stati messi nelle condizioni di esprimere sempre il meglio di sé”.

E così Adinolfi racconta, da osservatore privilegiato, lo straordinario talento della Conte e degli attori che la affiancarono sul palcoscenico, la sua dedizione totale al lavoro e il grande rispetto che aveva per il pubblico. Un bravo attore, diceva, ha da sapè mettere ’e piere pe’ terra e ha da tené ’e rrecchie, cioè deve far sentire il suo passo sicuro e mai incerto sul palco e ascoltare attentamente gli spettatori, intuirne le reazioni e assecondarne gli umori. Ma di fondamentale importanza fu — ricorda Adinolfi — il sodalizio artistico con Gaetano Di Maio, autore colto capace di innovare, o addirittura reinventare, il genere della “commedia alla napoletana”, con testi che mettevano al centro l’attrice e la sua straripante comicità.

Il libro scorre leggero tra aneddoti e protagonisti di una stagione forse poco amata dalla critica ma molto apprezzata da un popolo che, orfano delle farse di Petito e Scarpetta, si riversava in massa, come non accadeva da tempo a Napoli fatta eccezione per il San Ferdinando di Eduardo, ad assistere a commedie come Mpriestame a mugliereta, Madama quatte solde, Il morto sta bene in salute, Arezzo 29 in tre minuti, Nu bambeniello e tre San Giuseppe per divertirsi e, allo stesso tempo, identificarsi con i loro personaggi, tratti dalla vita di tutti i giorni e magistralmente “teatralizzati”.

La rinascita del Sannazaro anticipò di qualche decennio quella di altre sale di prestigio come il Bellini e il Mercadante, ma l’improvvisa scomparsa della Conte, avvenuta nel 1994, lasciò il vuoto in città e il ricordo di un’irripetibile ventennio di successi, capace di riportare i napoletani a teatro.


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