Geppy e Lorenzo Gleijeses in “Amadeus” di Shaffer. La scena: “Sembra di stare in un armadio del ʼ700”
di Lorenzo Cerri
Io sono più introverso e riflessivo; lui più istintivo, gioioso, vulcanico, ma l’intesa è eccellente”. Lorenzo Gleijeses parla di papà Geppy. Padre e figlio recitano di nuovo insieme in Amadeus, drammaturgia che Peter Shaffer scrisse nel ‘78 traendola dalle Piccole tragedie di Puskin e che Milos Forman nell’84 trasformò in un film pluripremiato. L’allestimento, “imponente, ricco di 11 attori, degno di un Teatro Nazionale”, esordisce papà Geppy, è prodotto dalla sua Gitiesse e arriverà al Diana di Napoli dal 29 gennaio al 9 febbraio 2020. Fiore all’occhiello: la regia di Andrei Konchalovsky. radio di Sali eri per Mozart, di un modesto compositore del Settecento per un genio della musica, giunto fino al punto di ucciderlo, è frutto di una leggenda romantica, priva di fondamento storico, ma molto seducente.
“Salieri - spiega Gleijeses padre, che gli darà corpo e voce - è uno dei personaggi più affascinanti e prismatici della drammaturgia contemporanea. Dedicò la vita alla castità e alla carità, chiedendo in cambio al Cielo talento e fama; ma la ottenne per opere che lui stesso considerava mediocri. E se ne rese ancora più conto incontrando Mozart. Allora, decise di sfidare non il dio della musica, ma Dio in persona. Annientando quello terreno, avrebbe punito quello celeste”.
Rispetto al film, “Konchalovsky ha voluto un Salieri meno perfido e invidioso. Almeno al principio, non prova odio e invidia, ma si infila in un incunabolo che a quei sentimenti lo porterà. Alla fine, tenendo lo tra le braccia, dice a Mozart: ‘Ti imploro, muori, lasciami in pace: E lui lo chiama ‘papà’. Immaginate il groviglio di sentimenti che si scatena tra attore, personaggio e uomo. Ma tutto questo è molto stimolante”. E Mozart? Come l’ha voluto il regista? Lorenzo dice: “Complesso, ma leggero come una farfalla. Mi ha chiesto di lavorare per sottrazione, evitando lo stereotipo del genio pervaso da traboccante e inconsapevole energia giovanile”.
E papà Geppy: “Konchalovsky è un artista impegnativo e meticoloso. Ce ne sono pochi come lui”.
Ricco di melodie mozartiane, a cominciare dal Requiem, con numerosi cambi d’ambiente, lo spettacolo ha per scenografia “una completa parapettata di legno d’epoca” spiega Geppy. “Sembra di stare in un enorme armadio del Settecento, con tante porte da cui sbucano i personaggi. Il palcoscenico è diviso in due da una sorta di sipario, che separa scene in preparazione e quelle in azione”.
Tra i temi suscitati dal testo, c’è quello del rapporto tra generazioni. Sali eri è morto a 73 anni, Mozart a 35. “Il personaggio mi coinvolge, - commenta Lorenzo - perché viviamo in una società gerontocratica, dove i vecchi al potere tarpano le ali ai giovani. E il teatro, metafora della realtà, lo è anche di questo suo aspetto. Per un ventenne è quasi impossibile allestire una produzione. Neppure gli Stabili ti concedono spazi per provare. Gli adulti al potere giudicarono Mozart come un folle, capriccioso ragazzino, e lo fecero morire a 35 anni. .. le più recenti ricerche dicono di stenti e freddo. Capite? Un genio come lui ucciso dagli stenti e dal freddo”.
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