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Ripensare il Novecento teatrale


di Antonio Tedesco

Marco De Marinis, docente di discipline teatrali all’Università di Bologna, tra i più importanti studiosi e storici del teatro contemporaneo, riafferma, con questo suo importante lavoro, Ripensare il Novecento teatrale – Paesaggi e spaesamenti (Bulzoni Editore, pp. 356, € 22), la centralità dell’esperienza scenica del Novecento, che qualcuno vorrebbe già archiviare come obsoleta o, quantomeno, già sufficientemente sviscerata.

Ma è chiaro, al contrario, che la lezione dei grandi maestri che hanno segnato e dato una svolta decisiva al percorso del teatro nel secolo scorso, non ha ancora smesso di dare i suoi frutti.

De Marinis fa un’accurata ricognizione delle fondamentali tappe attraverso cui, nel corso del Novecento, si è evoluta e rinnovata l’idea del fare teatro. Mette in evidenza l’importanza che il “processo creativo” ha assunto rispetto al semplice “mettere in scena” un testo, che è stata la prassi teatrale che ha predominato per secoli. Analizza e racconta del lavoro compiuto dai grandi maestri (Brecht, Artaud, Peter Brook, Grotowski) e della rilevanza che, grazie proprio alla loro costante e instancabile ricerca di nuove modalità del rappresentare, ha acquisito la figura dell’attore, non più semplice esecutore di un “ruolo”, ma vera e propria “entità-teatro” che mette in gioco se stesso nella profondità del suo essere attraverso un lungo lavoro di scavo e di ricerca interiore. A partire da qui, nella seconda parte del libro, l’autore traccia delle linee di collegamento con alcune delle figure più rappresentative del teatro italiano contemporaneo. A cominciare da Dario Fo e Carlo Cecchi, per arrivare a gruppi e personalità che rappresentano, pur nelle loro singolarità, un’idea forte e innovativa di teatro. Troviamo, quindi, capitoli dedicati al Teatro delle Albe, di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, a Romeo Castellucci, ad Armando Punzo e alla Compagnia della Fortezza, a Leo De Berardinis e a Le Belle Bandiere. In definitiva De Marinis ci parla di “un altro teatro” che non è stanca routine di compagnie di giro e cartelloni preconfezionati, ma un territorio di ricerca, di creatività, di sperimentazione, che indaga a fondo sull’attore-uomo, e che, per assurdo, può fare anche a meno dello spettacolo.



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