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Riccardo III e la malattia dell’essere

  • proscenioweb
  • 10 mag 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

Enzo Vetrano e Stefano Randisi tra Shakespeare e Carrère



di Maddalena Porcelli

Enzo Vetrano e Stefano Randisi, autori, attori e registi palermitani, insieme sulla scena dal ‘76, saranno al Teatro Nuovo di Napoli dal 22 al 26 gennaio 2020 come registi del Riccardo 3 L’Avversario.

Lo spettacolo si rifà al testo di Francesco Niccolini, liberamente ispirato al Riccardo III di Shakespeare e ai crimini di Jean-Claude Romand, il personaggio del libro L’Avversario di Emmanuel Carrère. Prodotto da Arca Azzurra Produzioni, Ert Emilia Romagna Teatro Fondazione e da Le tre corde/ Compagnia Vetrano Randisi, vedrà in scena, oltre che Vetrano, nelle vesti di Riccardo III, anche Randisi e Giovanni Moschella. L’assistenza alla regia è affidata a Lorenzo Galletti e a Roberto Aldorasi, mentre le scene e i costumi sono a cura di Mela Dell’Erba e le luci di Max Mugnai. Esattamente di cosa si tratta? “Di dramma psicologico, di quel tipo che nel momento in cui diventa teatro, acquista pure una valenza politica: precisano i registi. “Abbiamo trovato assonanze impressionanti tra le parole di Riccardo e il malato Jean Claude, ma anche echi di frasi e affermazioni pronunciate in sedi istituzionali da chi dovrebbe rappresentarci politicamente, esattamente quelle che, in un pauroso corto circuito sociale, portano la violenza di Riccardo tra le mura domestiche di un apparentemente tranquillo menage familiare e le macchinazioni di una corte inglese del Quattrocento nelle strade di una qualsiasi città di oggi. E senza mai andare al di là del testo scespiriano. Tutte le parole dette sono quelle di Riccardo III’: Che il tema della malattia attraversi l’intero Novecento è un dato in eludibile e descrive l’uomo diviso e alienato da sé, che ha disintegrato ogni vincolo di solidarietà con gli altri. Nasce spontanea la domanda su quanto il rito collettivo all’interno dello spazio comunitario dell’evento scenico possa immunizzarci dal male e renderci più consapevoli. “La nostra messinscena lascia aperte tutte le soluzioni. Le include, ma apre anche a un’interpretazione interiore, in cui i due aguzzini sono gli incubi stessi del protagonista.

Vetrano e Randisi affrontano anche il tema dell’eutanasia: “Il gesto del nostro Riccardo 3, che con le parole di Shakespeare accetta la morte da Richmond, diventa una richiesta di chiusura di un ciclo, acquisito dopo un percorso di consapevolezza. In realtà è la rivendicazione di un diritto alla libertà individuale’: Perché Riccardo 3 e non III, viene da chiedersi? “Ci è piaciuta un’interpretazione che alcuni critici hanno dato: III è dinastico, nobiliare, alto; 3 è popolare, anonimo, basso. Poi in scena siamo 3”.

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