“Per Tosca mi affido alla sua forza emotiva”. Le scene di Paladino
di Paolo Popoli
“Mi sono calato nella potenza emotiva di Giacomo Puccini, lascerò che a parlare sul palco sia questi”. Edoardo De Angelis si esprime sulla sua prima regia d’opera e teatrale, Tosca, in programma al San Carlo con la direzione dell’esperto Donato Renzetti. Il regista di Perez, Indivisibili e Il vizio della speranza incontra in questa nuova produzione del teatro l’artista Mimmo Paladino per le scene e Massimo Cantini Parrini per i costumi. Cast di primo piano con Carmen Giannattasio e Monica Zanettin (Tosca), Fabio Sartori e Arsen Soghomonyan (Cavaradossi), Enkhbat Amartuvshin e George Gagnidze (barone Scarpia), Renzo Ran (Cesare Angelotti), Matteo Peirone (il Sagrestano) e Francesco Pittari (Spoletta). Debutto mercoledì 22 gennaio 2020.
De Angelis, com’è nata l’idea di affidarle Tosca?
“Marco Balsamo - che ringrazio - mi ha messo in contatto con Mimmo Paladino che, forse affascinato dal mio cinema, ha suggerito il mio nome alla sovrintendente Rosanna Purchia. Il San Carlo mi ha regalato la possibilità di lavorare con un’opera così bella e con un cast straordinario. Ne sono entusiasta. E c’è anche una bella squadra campana, che si completa con Carmen Giannattasio. È il mio primo, assoluto approccio alla lirica. Devo dire che è stata una scoperta. Non ero né un appassionato né un conoscitore dell’opera”.
Magari le ha fatto un po’ da mentore Paladino, che ha già lavorato al San Carlo?
“Il nostro confronto si è rivelato molto stimolante. Ho conosciuto una persona generosa e desiderosa di sperimentare nuove frontiere del linguaggio. Il suo approccio non è stato quello di porsi come un consigliere più esperto. Nonostante sia un artista di fama mondiale, conserva una curiosità di fondo. Di qui, abbiamo voluto creare insieme per questo allestimento un segno nuovo, sempre però nel solco e nel rispetto della tradizione lirica”.
In che senso “un segno nuovo”?
“Il pubblico non riconoscerà il segno tipico delle opere precedenti di Paladino, ma il “come” noi ci siamo insieme dedicati allo studio di questo lavoro. Concettuale? Realista? Meglio non ricorrere a definizioni. Abbiamo abbandonato qualunque forma di maniera e di riferimento alle cose fatte in passato. Certamente non si può prescindere dai propri stilemi e qualcosa di questi sarà in scena. Ma con una forma diversa”.
Quindi ha abbandonato qui ogni riferimento al cinema?
“Avrei commesso un errore se mi fossi avvicinato all’opera pensando di innestarla con elementi del cinema. Tosca va messa in scena per quello che è, una rappresentazione dal vivo. Ho mantenuto fede agli strumenti a disposizione: libretto e musica. Per il mio allestimento ho cercato di incanalare e far esplodere la potenza emotiva dell’opera di Puccini. Non avendo esperienze teatrali precedenti, ho immaginato me stesso che assiste allo spettacolo”.
Che idea si è fatto dei personaggi?
“Ho studiato e approfondito molto l’opera, ma per realizzare la messinscena occorre distaccarsi dall’analisi filologica e lasciarsi impossessare dalla forza emotiva della musica di Puccini, del melodramma e dei suoi personaggi. Avevo letto critiche sui presunti limiti del personaggio Tosca. Invece mi sono imbattuto in una donna che ha raggiunto con fatica il proprio successo e che non esita a mettere tutto in discussione in nome di un ideale più alto. Questo mi ha restituito la percezione di un personaggio capace di grandi gesti”.
Tosca esalta il dualismo con Scarpia, uomo che ha responsabilità di potere, ma dalla condotta tutt’altro che responsabile.
“Scarpia è alimentato da una fame distruttrice, un uomo al potere che alla fine distrugge tutti e persino se stesso. Si contrappone a Cavaradossi, il pittore, l’uomo del gesto creativo, anch’egli come Tosca capace di mettere tutto in secondo piano quando si prefigura la necessità di una scelta. Mi ha attratto la contrapposizione tra un uomo che crea, uno che distrugge, e nel mezzo una donna che genera la potenza alla quale non è possibile opporsi: l’amore. Perciò Tosca può anche morire, ma non può perdere”.
E poi c’è il “quarto” personaggio: Roma. Come l’ha immaginata?
Non voglio togliere la sorpresa delle scene. L’ho percepita come terreno di battaglia, anche per il momento storico che viene raccontato. In realtà, il tempo di quest’opera è il ‘sempre’”.
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