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Passaggio di testimone, Tommasino ruba la scena a Lucariello

Natale in casa Cupiello si rivolge ai giovani. Saccoia rilegge il capolavoro di Eduardo.

La regia di Serao



di Simone Sormani

Debutterà al Trianon Viviani il 23 dicembre con la regia di Lello Serao Natale in casa Cupiello – Spettacolo per attore cum figuris, rivisitazione del capolavoro di Eduardo De Filippo prodotta da Interno 5 e Teatri Associati di Napoli, con il sostegno della Fondazione De Filippo. In scena, l’attore napoletano Luca Saccoia, ideatore dell’allestimento assieme a Vincenzo Ambrosino. Lo spettacolo approderà a dicembre, dal 28 al 30 al Nuovo di Napoli; a gennaio al TAN di Piscinola il 4 e il 5; al Teatro Charlot di Pellezzano l’8 e il 9.


Saccoia, che modifiche ha fatto al testo e cosa vedremo in scena?

“Dal punto di vista testuale non ci sono stravolgimenti dell’originale. Siamo stati molto rigorosi sulla fedeltà alla parola e al messaggio eduardiani. Ciò che cambia è, chiaramente, la messinscena perché qui centrale è la figura di Tommasino che, come in una visione, rivive le vicende della sua famiglia. In scena ci sarò solo io come attore e interagirò con dei pupazzi realizzati dal maestro Tiziano Fario (autore anche della scenografia) che rappresentano i personaggi di Natale in casa Cupiello e ai quali darò vita prestando la mia voce”.


L’ambientazione è quella di un grande presepe in cui un solo attore si muove tra figure animate. Una sfida ai limiti posti dal Covid o una metafora?

“Il Covid c’entra molto poco con il punto di partenza iniziale della nostra idea, che è quella invece di andare alle radici del significato del testo eduardiano. Natale in casa Cupiello è già un monologo cum figuris, perché il protagonista, Lucariello, di fronte all’incapacità di dialogare con la sua famiglia si rifugia in un mondo inanimato, quello dei pastori del presepe, che diventano i suoi amici e a cui parla, dando loro un’anima. Non abbiamo fatto altro che sottolineare questo aspetto, che Eduardo stesso spiega bene nel prologo alla versione televisiva del 1962”.

Perché Tommasino è centrale nella vostra messinscena?

“Tommasino è un po’ il motore che ne muove tutti gli ingranaggi, perché è attraverso il suo racconto che facciamo rivivere tutta la storia. Il pubblico troverà un personaggio un po’ più maturo, perché abbiamo immaginato che il suo “sì” convinto alla domanda di Lucariello alla fine del terzo atto non fosse solo un modo per accontentare il padre morente, bensì l’inizio di un percorso di cambiamento, di una nuova nascita che è poi ciò che il presepe in sé rappresenta e racconta”.


Proprio Natale in casa Cupiello per questo esperimento innovativo?

“Sì, perché è un po’ la storia di tutti noi, la storia della nostra infanzia. Inizialmente volevamo legare questo progetto al territorio, creando un allestimento al teatro START/Interno 5 di via San Biagio dei Librai che avrebbe coinvolto anche le botteghe dei pastorari della zona, i passanti e addirittura i turisti. Da questo punto di vista alcuni eventi, tra cui proprio la pandemia insieme alla chiusura dello START, hanno fatto in modo che questo lavoro diventasse in parte un’altra cosa, pur restando fedeli alla nostra idea di partenza di un monologo che fosse in qualche modo anche corale. In ogni caso siamo riusciti a formare, sotto la guida di Irene Vecchia, dei giovani che lavoreranno come manovratori dei pupazzi, e di questo siamo particolarmente orgogliosi”.


Delle svariate edizioni dell’opera, a quale vi sentite più vicini?

“Siamo emozionati perché debutteremo il 23 dicembre, a quasi novant’anni esatti dal debutto dei fratelli De Filippo al Kursaal il 25 dicembre del 1931. Non saprei dire con quale edizione siamo più in sintonia. Forse c’è qualcosa che ci lega un po’ a tutte. In realtà il nostro lavoro va al di là delle varie versioni teatrali o televisive, ed è stato soprattutto testuale, direi quasi filologico.


Poi, la regia di Serao.

“Data la complessità del progetto abbiamo sentito il bisogno di non lavorare in solitudine, ma piuttosto di condividere quanto avevamo ideato. Con Lello ci siamo trovati benissimo perché oltre che essere un amico è una persona intelligente, un attore di esperienza e come regista è molto attento”.


Come vincerete lo scetticismo di chi ritiene che un classico non vada toccato?

“Mi rendo conto che il paragone per alcuni sarà inevitabile, è un rischio che bisogna mettere in conto. Il nostro, comunque, è un lavoro rispettoso di Eduardo, che parte dall’antico per rivolgersi ai giovani, come un passaggio di testimone, ma soprattutto è un lavoro sincero, che viene dal cuore e che non intende strizzare l’occhio a nessuno. Spero che il pubblico abbia lo stesso approccio sincero e libero da pregiudizi. Anzi, sono sicuro che sarà proprio così.


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