top of page

“La pazza di Chaillot” una storia preveggente

La favola di Giraudoux a teatro con la Mandracchia diretta da Però



di Enrica Buongiorno


Le viscere di Parigi nascondono un giacimento di petrolio. Finanzieri senza scrupoli vogliono impossessarsene a discapito di tutto e tutti. La pazza Aurelia scopre il losco piano e decide di fare giustizia con l’aiuto di un gruppetto di “folli” come lei. Al San Ferdinando di Napoli arriva, dal 15 al 20 marzo, La pazza di Chaillot, una “favola poetica-politica” di Jean Giraudoux con la regia di Franco Però. Un testo premonitore, un gioco fiabesco che si tinge di noir. Nel cast, tra gli altri, Manuela Mandracchia, Giovanni Crippa, Filippo Borghi, sulle scene di Domenico Franchi. Una produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.

Franco Però, cosa la attrae maggiormente di questo testo da lei stesso scelto per aprire la stagione 2020/21 del Teatro Rossetti di Trieste che ha diretto per 6 anni?

“Questa commedia leggera ha dentro una potente carica provocatrice e preveggente. Qualche anno fa, in Francia, la critica sostenne che Giraudoux non fosse un ambientalista ante litteram e la sua commedia null’altro che una fiaba. Ma non è proprio la fiaba, dico io, a possedere questa forza preveggente? Giraudoux in mezzo alla Seconda guerra mondiale, siamo nel ‘43, già vedeva alcune storture del futuro. Con molta chiarezza sosteneva che i potenti non si rendono conto che distruggeranno il mondo (lui dice Parigi perché la commedia è ambientata lì) pur di arricchirsi, fregandosene della bellezza. C’è anche una vena poetica che caratterizza questo testo: a salvare il mondo saranno proprio coloro che oggi definiremmo borderline, i cosiddetti squinternati. Non ci sono molte commedie che pur giocando sulla leggerezza abbiano la forza di raccontare tutto questo”.

L’opera è stata rappresentata in Italia nel ’54 da Strehler, nel ’91 da Ronconi. Gli americani girarono persino un film nel ‘69 con la Hepburn. Come si caratterizza il suo allestimento?

“I personaggi si muovono in uno spazio che simula un prato verde in un non-luogo. Un mondo colorato, balordo, vivo, forte si contrappone a quattro criminali totalmente vestiti di nero. Il finale che ho immaginato è diverso da quello scritto da Giraudoux. Ho anche tolto una delle pazze, inserendo poi una sorta di omaggio beckettiano. Emanuela Mandracchia, tra le principali attrici italiane, ricopre il ruolo della pazza, mentre la drammaturgia è affidata alla brillante Letizia Russo”.

La pazza di Chaillot è una favola poetica ma anche politica: in questa società cosa è e come si manifesta l’impegno politico?

“Trieste, dove vivo, è una città dove ci sono tanti problemi legati all’immigrazione. Molte associazioni si battono per l’accoglienza di queste genti disadattate: questo è fare politica. Anche il teatro però, vuol dire fare politica. Il teatro è politico perché è l’ultima agorà laica”.

Cosa c’è nel suo futuro teatrale?

“Ho affrontato, come direttore del Rossetti, con ottimismo il Covid. Mi sono chiesto cosa la gente volesse vedere e sono entrato in crisi. Poi, anche grazie a Trieste, ho trovato una strada. Per scaramanzia dirò solo che si tratta di un testo che non viene rappresentato da un po’, su un archetipo femminile. Ma anche lavorare sulle affinità elettive di due grandi autori come Leopardi e Beckett mi interesserebbe molto”.

RIPRODUZIONE RISERVATA

Comments


bottom of page