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"L’ombra di Totò" di Emilia Costantini al ctf

L’autrice: “Il mio omaggio non vuole essere una biografia, ma il racconto del grande attore che è stato Totò attraverso la figura di Dino Valdi”



di Gabriella Galbiati

Debutta al Campania Teatro Festival il 10 luglio 2021, con replica l’11 luglio sempre alle ore 21, alla Manifattura della Porcellana (Porta Miano) a Capodimonte, “L’ombra di Totò”, scritto da Emilia Costantini, adattato e diretto da Stefano Reali. In scena Yari Gugliucci e Clotilde Sabatino. Le scene sono di Carlo di Marino e la produzione di Good Mood di Nicola Canonico. Lo spettacolo è un omaggio all’attore partenopeo, raccontato da colui che per anni gli fece da controfigura.

Emilia Costantini, com’è nata l’idea dello spettacolo?

Lo spettacolo nasce da un fatto vero. Forse non tutti ricordano o forse non sanno che Totò, quando morì, ebbe ben tre funerali. Il primo si svolse a Roma, in zona Parioli, con una cerimonia ristretta e alla presenza di pochi attori importanti. Il secondo e il terzo funerale si tennero a Napoli. In particolare il secondo funerale ebbe una partecipazione oceanica di persone. A un certo punto, durante il funerale, alcune donne svennero e iniziarono a urlare indicando un uomo che camminava al fianco di Franca Faldini, l’ultima compagna di Totò. Si sentirono urla: “Totò è risuscitato”. In realtà si trattava di Osvaldo Natale, meglio conosciuto come Dino Valdi che per circa vent'anni lavorò come controfigura del grande attore napoletano. Totò era una persona notturna e spesso non riusciva a svegliarsi presto o non a girare scene rocambolesche. Inoltre negli ultimi anni di vita, Totò era diventato cieco e Dino Valdi lavorò per lui come controfigura, in particolare in Uccellacci uccellini di Pasolini. Fu quindi una figura fondamentale per lui e lo aiutò molto.

I miei testi teatrali sono tutte interviste immaginarie. Il primo testo, per esempio, era dedicato a Oriana Fallaci e un altro a Marina Berlusconi durante la sua discesa politica. Ho pensato così a un'intervista impossibile, in cui una giornalista del Mattino di Napoli si avvicina a Dino Valdi ma all'inizio lui si rifiuta di essere intervistato. È sempre stato l'ombra di Totò e tale pensa di rimanere. Lo spettacolo si conclude con un finale curioso, con una sorpresa che non svelerò.

Perché ha scelto di raccontare il personaggio Totò? Cosa simboleggia per lei?

Totò è un uomo che ha avuto una grande storia di cinema e di teatro. Ma sono convinta che il suo talento sia stato male utilizzato. È stato rovinato da film di routine e si è dovuto adattare a certi ruoli. I grandi registi sono arrivati solo alla fine della sua carriera, come Risi, De Sica e Pasolini. Eppure il suo talento andava oltre quello del guitto. Totò ne soffriva ma sapeva che il lavoro è lavoro. Riusciva a girare 17-18 film all'anno, tutti da considerarsi di cassetta. Ha lavorato in tante commedie senza riuscire ad esprimere la sua vena drammatica.

Il mio omaggio non vuole essere una biografia ma vorrei raccontare Totò, presentandolo come un grande attore attraverso la figura di Dino Valdi. Lui è stato un attore modesto, è rimasto nascosto nell'ombra e allo stesso tempo era affezionato a Totò. Dino Valdi voleva fare l'attore ma è rimasto schiacciato da questa maschera importante e poco prima di morire nel 2003 ha recitato in uno spettacolo di Antonio Calenda dove interpretava Totò.

E Dino Valdi? Perché far parlare lui per Totò?

Ho scelto di utilizzare la figura di Dino Valdi per raccontare Totò per offrire un punto di vista nuovo. Tutti rimangono sempre sorpresi da questa storia e ammirati dalla modestia di Valdi. La mia idea è quella di non raccontare il solito Totò ma parlo di lui attraverso una figura che si è sacrificata per lui. A un certo punto del mio spettacolo, la giornalista del Mattino di Napoli che intervista Dino Valdi sottolinea come questi si sia sacrificato per lui e di come gli abbia dato la possibilità di fare delle cose che non avrebbe potuto fare.


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