Andrée Ruth Shammah dirige Dapporto e Fassari in “L’Affaire de la Rue de Lourcine”, primo adattamento italiano
di Generoso di Biase
Dal 15 al 20 febbraio va in scena al Mercadante di Napoli Il delitto di via dell’Orsina (L’Affaire de la Rue de Lourcine) di Eugène Labiche, adattamento e regia di Andrée Ruth Shammah. Del cast, insieme ad altri, fanno parte l’inedita coppia Massimo Dapporto e Antonello Fassari. La commedia racconta di due sconosciuti che si svegliano l’uno accanto all’altro nello stesso letto, entrambi con le tasche piene e le mani sporche di carbone. Pur non ricordando nulla di quanto accaduto la notte precedente, sanno di aver entrambi partecipato alla stessa festa di ex allievi di una scuola superiore. Nel ricostruire la vicenda, scoprono il cadavere di una giovane carbonaia. Possibile siano loro gli assassini?
Andrèe Ruth Shammah, dall’Ambleto di Testori a L’Affaire de la Rue de Lourcine di Labiche, per la prima volta rappresentata in Italia. Una nuova sfida?
“La sfida era quella di far ridere senza però entrare nei meccanismi tipici delle pochade, che svuotano i personaggi di verità. Mi interessava anche guardare alla perdita d’identità, al rapporto tra uomo e donna, all’ambiguità del bene e del male, senza straripare né in un’interpretazione espressionista che poteva evidenziare l’aspetto del capitalismo nero, né nell’atmosfera surreale… sono rimasta in un equilibrio gentile”.
Cosa vede lo spettatore in scena?
“La reazione dello spettatore è sorprendente, perché ognuno vede quello che preferisce. Certo, non essendo didascalico, ma delicato, elegante, magari la parte del dibattito, quella che traspare nel breve monologo del protagonista Zancopè, non è percepita immediatamente dal pubblico, che non si fa tutte queste domande. Magari se le fa dopo”.
Quanto il suo adattamento rende più fruibile una vicenda rappresentata per la prima volta nel XIX secolo?
“Non ho cercato di renderlo più fruibile. Ho fatto questa trasposizione in Italia perché è inutile usare male i nomi francesi e pensare che la commedia sia legata ad un contesto francese. Dopotutto nelle traduzioni si traduce anche l’ambiente dal quale queste parole provengono, no? Ho piuttosto fatto modifiche per rendere più stratificata la vita che c’è dentro, per dare più spessore ad alcune sottotrame. Mi piaceva inserire il tema del passaggio del tempo, tramite l’inserimento del personaggio del vecchio servitore, che mi è stato peraltro in parte suggerito da un’altra commedia di Labiche. Ho cercato di approfondire alcuni temi, partendo ad esempio dal modo in cui si chiamano marito e moglie tra di loro – passerottina, passerottone – per poi sviluppare il rapporto tra i coniugi e quello della gelosia della moglie”.
Cosa si cela dietro il vano tentativo dei protagonisti di pulirsi le mani dal carbone?
“Le parole della canzone che cantano Dapporto e Fassari lo dicono esplicitamente: “Se vuoi essere uomo d’onore, le mani lava a fondo e con ardore, ma poi con la coscienza che farai? Anche quella laverai? Non avremo amico mio imbarazzo alcuno, perché quella non la vede nessuno”. Questo ritornello chiarisce bene che l’azione significa proprio “lavarsene le mani”. Abbiamo ripreso l’argomento anche nel finale, quando il protagonista Zancopè dice: “Alla fine non abbiamo ucciso nessuno”, e Mistenghi risponde: “Ma ci abbiamo provato!”. Nell’ottica dei personaggi, finché non vieni scoperto, hai la coscienza pulita. Questo, Labiche l’aveva molto chiaro in mente”.
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