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Eduardo, tra "prima" e "dopo"


di Antonio Tedesco

Un tempo si scrivevano lettere. Che a distanza di anni, a volte di secoli, costituiscono testimonianze preziose. Che oggi, con i moderni mezzi di comunicazione, sono inevitabilmente destinate ad andare perdute. I tempi cambiano. Ma intanto l’esplorazione di questi epistolari, soprattutto di quelli di personaggi famosi del mondo della cultura e dell’arte, continua a riservarci sorprese, ad aprire squarci di conoscenza. Ne è un esempio il recente volume pubblicato da Guida, con il contributo della Fondazione Eduardo De Filippo, intitolato Mio caro Eduardo – Eduardo De Filippo e Lucio Ridenti – lettere (1935-1964) a cura di Maria Procino (pagg. 217 – € 15). Il volume raccoglie il carteggio sviluppatosi nel corso di circa trent’anni, tra Eduardo e il giornalista Lucio Ridenti. Quest’ultimo, ex attore e poi fondatore de Il Dramma, una delle più importanti e longeve riviste teatrali del ‘900, fu un interlocutore attento e qualificato del drammaturgo e attore napoletano che ne ebbe, a sua volta, grande rispetto e considerazione, stabilendo con lui un serrato confronto intellettuale e umano. Ridenti è stato una figura molto influente sulla scena culturale e artistica di gran parte del ‘900. Molti dei lavori di Eduardo hanno trovato la prima pubblicazione a stampa proprio sulle pagine della sua rivista. Un dialogo a distanza che ci regala un esempio di comunanza e di scambio che oggi si fatica a trovare.

Una forma diversa di dialogo a distanza riguarda anche la pubblicazione di Dopo Eduardo, l’antologia curata da Luciana Libero e edita da Apeiron Edizioni (pagg.388 - € 20) con il contributo, anche in questo caso dell’attivissima e lungimirante Fondazione Eduardo De Filippo di cui è presidente Francesco Somma. L’antologia, dopo una prima versione pubblicata nel 1988, riprende e aggiorna il discorso sulla drammaturgia napoletana, ripartendo proprio da quei fatidici anni ’80, con Manlio Santanelli, Enzo Moscato e Francesco Silvestri (non senza un ricordo e una testimonianza del compianto Annibale Ruccello), per arrivare agli anni ’90 e fino ad oggi con i contributi di Fortunato Calvino, Mario Giraldi, Massimo Andrei e Davide Iodice. Che non vanno ad esaurire la complessa e articolata costellazione della drammaturgia napoletana contemporanea, ma ne sono sicuramente una rappresentanza più che valida ed esplicativa. Un’ampia ed esaustiva introduzione della curatrice ricostruisce il contesto in cui tali fermenti creativi si generano. E lui, il Maestro, Eduardo, rimane saldo, inamovibile, come l’irrinunciabile discrimine tra un “prima” e un “dopo”.


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