La regista Lara Sansone: "Lo spettacolo deve essere inteso come il racconto di una storia universale. Parliamo di Liliana Castagnola, ma potremmo parlare di qualunque altra donna".
Di Roberta D’Agostino
“Diva” debutta in prima assoluta mercoledì 16 giugno alle ore 21.00 all’interno del Campania Teatro Festival. Lo spettacolo, tratto dalle lettere di Liliana Castagnola, è scritto da Corrado Ardone per la regia di Lara Sansone.
In scena, Gino De Luca, Massimo Peluso, Giorgio Pinto, Ruben Rigillo, Ingrid Sansone, Lara Sansone, Ivano Schiavi e con la partecipazione di Leopoldo Mastelloni. Una produzione Tradizione e Turismo – Centro di produzione teatrale.
Lara Sansone, cosa significa per lei lo spettacolo “Diva”?
Questo è uno spettacolo, che ha richiesto un grande sforzo produttivo, che deve essere inteso come il racconto di una storia universale. Parliamo di Liliana, ma potremmo parlare di Angela, di Fatima di Tiziana di tutte le donne vittime di pregiudizio. La Castagnola è stata uccisa dal pregiudizio. La consideravano scandalosa e noi cerchiamo di fare capire cosa significa il suo essere scandalosa.
Ha raccontato la leggerezza di una donna che però nasconde la solitudine e il vuoto interiore.
Sì, anche dietro ai suoi sorrisi nascondeva una profonda tristezza. La solitudine di chi non viene compresa.
Da sottolineare la presenza nel cast di due famiglie artistiche che lavorano insieme per la prima volta.
Mia nonna mi ha insegnato il rispetto per la mia compagnia ed adoro lavorare con attori che conoscono bene il valore della tradizione. Per me Mastelloni è sempre il valore aggiunto di ogni spettacolo e lo è anche questa volta. Sono felice di potere dividere il palco con Ruben Rigillo perché, ovviamente, conosce benissimo le dinamiche artistiche ed è uno splendido attore. Spero che da qui possa nascere un sodalizio artistico stabile ed, in tal senso, stiamo lavorando. Tradizione ed innovazione sono i due filoni che ha intrapreso con il suo teatro, diventato anche Centro di produzione, ce ne parla?
Per noi proseguire il discorso sulla tradizione è fondamentale, è la nostra pelle ma ci siamo rispettosamente avvicinati al contemporaneo. In tal senso stiamo lavorando con artisti ed autori, come in questo caso con l’autore Corrado Ardone, che conoscono appieno le luci e le ombre del nostro presente.
Ha scelto di parlare di un’artista come la Castagnola, straordinaria interprete di “Cafe chantant”, perché sente un’affinità particolare? Si è come se ci unisse un fil rouge, ma l’esigenza che sentivo forte era quella di raccontare dei pregiudizi sulle donne, da quelle idolatrate dagli uomini perché considerate dive, a quelle che combattono ogni giorno per sopravvivere tra mille difficoltà. Del resto poco è cambiato oggi della società maschilista e patriarcale che ha caratterizzato a lungo la storia del nostro Paese e non solo.
Quindi l’amore, come in questo caso quello tra Totò e Liliana, non vince su tutto?
Si amavano, questo è una certezza, ma forse nemmeno Totò è riuscito a superare gli stereotipi sulle donne. Un peccato perché poteva essere l’amore un balsamo per lenire la solitudine della Castagnola.
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