Sacco indaga sui “fabbricanti del male”. Fake news e i profili social? “Gestiti da gente pericolosa”
di Simone Sormani
Con l’assalto a Capitol Hill da parte dei sostenitori di Donald Trump, convinti che il loro leader avesse davvero vinto le elezioni, il tema del rapporto tra social network e fake news è passato definitivamente dalla cronaca quotidiana ai libri di Storia.
Del pericoloso intreccio tra potere, politica e informazione parla Davide Sacco, autore e regista di Sesto Potere – Nascita di una democrazia violata dall’odio, dal denaro e dalla vendetta, in scena al Piccolo Bellini di Napoli dal 29 marzo al 3 aprile (con Gianluca Gobbi, Tommaso Arnaldi, Guglielmo Poggi, Valentina Violo e la partecipazione in video di Francesco Montanari) e prodotto da LVF, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini e Teatro Manini di Narni in collaborazione con AstiTeatro.
È la storia di tre giovani assoldati da un partito di estrema destra per manipolare, attraverso la creazione di fake news, una campagna elettorale. I sondaggi sembrano premiarli ma alla vigilia delle elezioni Max Malosi, famoso giornalista, distrugge in diretta TV il vicesegretario del partito, facendo crollare i consensi. A questo punto i ragazzi capiscono che, per recuperare, devono screditare direttamente il giornalista. Così, in pochi minuti, investono migliaia di euro per mettere in rete la notizia che Malosi ha preso dei soldi dalla sinistra per pilotare la campagna elettorale. Raggiunto l’obiettivo si accorgono però di aver finito il budget. E dunque il ricatto deve continuare…
Sacco, quali sono le principali tematiche di questo testo?
“Come nasce una macchina del fango e come la delegittimazione dell’avversario attraverso la rete sia diventata il principale strumento di lotta politica. Questo è il secondo capitolo di una trilogia a cui sto lavorando e che comincia con L’uomo più crudele del mondo, che debutterà a febbraio al Teatro Manini di Narni con Lino Guanciale e Francesco Montanari. I protagonisti sono sempre dei “fabbricanti del male”. Oltre alla stretta attualità, provo a raccontare quella che definisco la “caduta dei poteri”. Siamo la generazione a cui è stato insegnato che bisogna perseguire a tutti i costi la scalata al potere, ma cosa succede ogni volta che, in questa corsa, cadiamo?”.
I tre giovani arrivano a ricattare per soldi Malosi durante la pausa di una diretta televisiva. Cos’è che li rende così spregiudicati e, purtroppo, veri?
“Come suggerisce il titolo, denaro, odio e vendetta. Si inizia per denaro a costruire una macchina mediatica basata sull’odio per poi arrivare a coltivare il gusto dell’odio, a sentirne il bisogno come una droga. Infine, la vendetta. Viviamo in un’epoca piena di rancori e frustrazioni e che ha abbassato di molto il senso dell’umanità, per cui è facile trovare una giustificazione ad ogni azione e autoassolversi”.
Perché la democrazia si è lasciata inquinare così tanto da messaggi d’odio e fake news?
“La mia idea è che alla base vi sia la distruzione dell’idea di collettività, che è il fondamento, insieme alla giustizia e alla verità, della democrazia e che richiede un continuo confronto tra posizioni diverse. Oggi ognuno coltiva esclusivamente la propria verità, che esclude le ragioni dell’altro. In questo processo, la potenza della rete aiuta molto, perché consente a ciascuno di drogarsi costantemente della propria verità e di evitare domande di cui non sa la risposta”.
Il titolo della pièce sembra non lasciare speranze. In realtà, però, il problema delle fake news esiste da sempre…
“Sì, ma nel passaggio da stampa e TV a social network lo scenario è cambiato. In passato anche la possibilità di essere un manipolatore di notizie si conquistava attraverso un percorso. Poteva essere frutto di una storia di successo imprenditoriale o di una visione ideologica intrisa di cultura politica. Adesso sono cambiati i soggetti e le fake news e i profili social sono gestiti da “scemotti”, ancora più pericolosi. Dunque torniamo al punto di partenza, e cioè a quella “grande caduta” che non fa più notizia e al nulla cosmico che ci circonda, che sono tra i temi principali di questo mio lavoro”.
E il finale? Ha un significato particolare?
“Questo spettacolo è pieno di colpi di scena, non faccio troppe anticipazioni. Posso dire però che, secondo me, il testo si conclude con una domanda: per che cosa si è disposti a fare del male? Direi che la risposta la dobbiamo trovare noi”.
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