Vita del signor de Molière, il libro dello scrittore russo pubblicato a 20 anni
dalla morte, è un urlo di dolore per tutti gli artisti martoriati e sconfitti.
E un inno alla loro gloria imperitura
di Antonio Tedesco
Una biografia romanzata, o forse un’autobiografia mascherata. È un’opera piena di risvolti inattesi e “doppi fondi” neanche troppo accuratamente celati, il libro che Michail Bulgakov, nato a Kiev nel 1891, ma vissuto a Mosca, scrisse tra il 1931 e il 1933, con il titolo Vita del signor de Molière, dedicato, appunto, alla vita e alle opere del grande commediografo francese. Ma il fatto che, raccontando le vicende dell’autore di Il misantropo, con tutte le traversie e i compromessi cui questi dovette sottostare, Bulgakov parlasse anche di sé e della propria esperienza di scrittore nella Russia Sovietica, non sfuggì all’occhio attento della critica ufficiale dell’epoca. Il libro, pur commissionato nel 1931 per una collana editoriale dedicata alle “vite di uomini straordinari”, non vide mai la luce con Bulgakov in vita. Fu pubblicato solo molto tempo dopo, nel 1962, ad oltre vent’anni dalla morte dell’autore. Sorte che, del resto toccherà a gran parte della sua opera, a partire dal romanzo più famoso, Il maestro e Margherita.
Anche Bulgakov, come Molière, era uomo di teatro. Drammaturgo apprezzato e osteggiato allo stesso tempo. All’autore francese aveva già dedicato qualche anno prima una pièce teatrale che aveva riscosso notevole successo ma che comunque, dopo un certo numero di repliche, fu ritirata dalle scene. A vario titolo, aveva collaborato con diversi importanti teatri. Con Stanislavskij, al Teatro d’Arte di Mosca, mise in scena un suo dramma, I giorni dei Turbin, che fu molto apprezzato ed ebbe numerosissime repliche, ma anche quello, come altri suoi lavori, dopo qualche anno fu ritirato dal repertorio. Dopo la rottura con Stanislavskij passò al Teatro Bolshoi a occuparsi di traduzioni e libretti d’opera, ma ormai lo spazio intorno a lui si andava stringendo sempre di più. La vita artistica di Bulgakov, come quella di Molière, fu segnata dal continuo ed estenuante confronto con le ingerenze del potere politico che limitava e influenzava il suo lavoro. Si potrebbe dire che Stalin fu per Bulgakov quello che Luigi XIV fu per Molière. Con le dovute differenze di contesti storici e sociali che, paradossalmente, consentirono all’autore del Tartuffe, una maggiore vicinanza al detentore del potere assoluto, il Re Sole, di quanto Bulgakov potesse mai sperare con Stalin.
La Vita del signor de Molière traccia un ritratto del drammaturgo vissuto nel XVII secolo articolato e vivace. Punteggiato da descrizioni molto vivide sull’ambiente storico e sociale nel quale l’attore e commediografo si trovò ad operare. Ma non privo, per questo, di rigore cronologico e documentale. In pratica una originale combinazione tra biografia, romanzo e saggio storico. Ma soprattutto uno spunto prezioso per la poetica ricorrente dello stesso Bulgakov e cioè quella dell’eterna lotta tra l’artista solitario e la macchina della società e del potere che lo assedia e lo soffoca. Bulgakov si rispecchia in Molière come, per fare un esempio relativo ad un altro anniversario che ricorre quest’anno, Abel Ferrara si rispecchia, nel suo film, con Pasolini. Artisti che escono sconfitti dalla vita e dal loro tempo, ma che poi, forse proprio in virtù di questa apparente sconfitta, restano immortali per la grandezza della loro opera.
Secondo un principio definito della “giustizia poetica”, che lo stesso Bulgakov aveva teorizzato nelle sue opere.
Il libro, recentemente ripubblicato da Feltrinelli, nella collana Universale Economica – I Classici a cura di Serena Prina (pp. 326, € 12,00) è di lettura piacevole e scorrevolissima. Lo scrittore russo usa con grande maestria l’arma della satira e dell’ironia (motivo principale per cui molte sue opere erano invise al regima sovietico). Si cala egli stesso nei panni di un Narratore che segue, indaga, pedina a stretto contatto la vita e le tribolazioni dell’artista francese. Del quale restituisce, dietro la leggerezza del tratto narrativo, un profilo drammatico, fatto di ansie e tribolazioni. Dove anche i successi, frutto spesso di compromessi e rinunzie artistiche a lui imposte, sono accompagnati dal sapore amaro dell’invidia e della calunnia che lo circondavano. E che si riflettevano anche nella vita privata, con i travagliati rapporti matrimoniali con Madeleine e Armande, sorella minore della prima che molti insinuavano essere addirittura sua figlia.
Strutturato in trentatré capitoli (secondo alcuni un numero non casuale, con chiari riferimenti alla figura di Cristo) incorniciati da un Prologo e un Epilogo, la Vita del signor de Molière è un urlo (soffocato) di dolore per tutti gli artisti martoriati e sconfitti e allo stesso tempo un inno alla loro gloria imperitura.
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