Meola al teatro Tram di Port’Alba con “Amleto”
di Viola Verne
Dal 3 al 6 e dall’11 al 13 febbraio al Teatro Tram a Port’Alba, il regista Giovanni Meola porta in scena Amleto (o Il Gioco del Suo Teatro) da Shakespeare. Sul palco, Solene Bresciani, Vincenzo Coppola, Sara Missaglia.
Meola, perché portare Shakespeare in scena oggi?
“È il drammaturgo più totale, rappresentato, affrontato e tradito del mondo. Da quattro secoli, rappresentarlo significa misurarsi con tanti stimoli e altrettanti misteri. Amleto comporta il misurarsi con incognite e ostacoli ancora più imponenti (il grado di complicità di Gertrude, la figura dello Spettro, il tipo di rapporto che lega Amleto ad Ofelia e così via), ma è anche un testo il cui protagonista si ribella alla natura di eroe vendicativo predestinato dagli eventi (tipico topos dei drammi dell’epoca), per trasformarsi in un essere umano meditativo, sentenzioso, istrionico, ragionatore ante litteram. Virus Teatrali, la mia compagnia, da qualche anno ha cominciato un percorso legato ad autori classici. Molière (Le Preziose Ridicole), poi Roberto Bracco (L’Internazionale), ancora Cechov con Tre Sorelle (che con noi è diventato TRE. Le Sorelle Prozorov) e ora Shakespeare. Con ognuno di questi autori e opere si è proceduto ad un lavoro differente. Per Amleto mi interessava lavorare come fatto con Cechov, smontando il testo dopo un attento studio, per poi rimontarlo a partire da un lungo lavoro di improvvisazioni, grazie alle quali è venuta costituendosi la nuova struttura drammaturgica”.
Quanto è diverso il suo Amleto da quello del Bardo dell’Avon?
“La prima differenza è già nel titolo o, meglio, nel sottotitolo. Amleto (o Il Gioco del Suo Teatro) parte dal presupposto che il teatro, nelle persone dei Comici, arrivi in soccorso ad Amleto nel momento esatto in cui lui ha bisogno di prove, di evidenze che gli consentano di essere certo della colpevolezza dello zio-re Claudio. L’intuizione di Amleto, modernissima, contemporanea, è di pensare che il teatro, quando riesce ad essere più vero del vero, possa smuovere tali e tante emozioni nell’animo umano da farlo tradire agli occhi degli altri”.
Costumi e musiche?
“In un lavoro praticamente senza nulla in scena, se non i corpi degli attori, i costumi assumono un’importanza vitale. Ho voluto lavorare di nuovo con una giovane e brillante costumista, Marina Mango. Le sue intuizioni sono state di grande impatto, immaginando soluzioni atemporali, ma con richiami ad un’epoca antica non meglio specificata. In quanto alle musiche, la scelta è variegata perché si va da una straniante versione di Astrud Gilberto (in pieno stile bossanova) di un pezzo dei Doors ad una cover di Caterina Caselli, da un brano rock dei Muse ad un classicone di Sergio Endrigo”.
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