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"Un’ultima cosa - Cinque invettive, sette donne e un funerale" di e con Concita De Gregorio

De Gregorio porta in scena le orazioni funebri di cinque donne che raccontano la loro vita: a queste figure resta da dire ancora "Un’ultima cosa"



Di Francesco Gaudiosi

Debutta in unica data (19 giugno) al Campania Teatro Festival lo spettacolo di Concita De Gregorio “Un’ultima cosa - Cinque invettive, sette donne e un funerale”, una produzione Teatri di Bari e Rodrigo per la regia di Teresa Ludovico. Cinque donne in scena raccontano la propria vita attraverso un’orazione funebre in prima persona; Dora Maar, Amelia Rosselli, Carol Rama, Maria Lai e Lisetta Carmi decidono di prendere la parola per l’ultima volta in un funerale sui generis in cui, a parlare delle loro vite, sono proprio le stesse protagoniste. Queste donne decidono di aprire le porte del loro animo e di raccontare una vita diversa dalla narrazione che spesso le ha relegate ad una storia personale complicata, talvolta all’ombra di altre figure, soprattutto maschili, che hanno goduto del successo e della fama del pubblico. Ecco, quindi, anche la ragione del termine “invettive” nel titolo ha un senso di fronte all’ultimo barlume di luce che concede loro ancora il dono della parola. Decidono allora di parlare della loro vita da una prospettiva diversa, cercando di raccontare al pubblico che le osserva qualcosa di loro che nessuno sa ancora, che hanno custodito solo nel loro grande cuore di donne.

Queste anime femminili, sospese in un tempo di mezzo, non sono ancora andate vie: la forza dirompente delle loro vite è così forte da consentire loro di raccontare perfino di esistenze passate. È qui che emerge il femminile, la potenza narrativa capace di straripare in quel poco tempo rimasto a disposizione per leggere, in prima persona, la propria orazione funebre.

Le cinque protagoniste, supportate dalla presenza scenica e musicale della giovane cantautrice Erica Mou, rappresentano cinque donne del Novecento spesso rimaste in ombra o all’ombra di qualcuno. Come afferma la stessa autrice, “ho studiato il loro lessico sino a sentire la loro voce, quasi che le avessi di fronte e potessi parlare con loro. Ho avuto infine desiderio di rendere loro giustizia. Attraverso la scrittura, naturalmente, non conosco altro modo”.

La De Gregorio costruisce questo progetto teatrale anche sulla base del suo libro “Così è la vita – imparare a dirsi addio” (Einaudi 2012), scritto dopo la scomparsa di suo padre che, come raccontato nello spettacolo, proprio a lei aveva chiesto in punto di morte il complicato compito di scrivere l’orazione funebre.

Dal punto di vista della rappresentazione, occorre precisare che si tratta di “un’interpretazione d’autore”, come sottolinea la stessa scrittrice, “una forma rappresentativa a metà tra un reading teatrale e una messinscena tout court”.

L’autrice si avvale infatti di un quaderno da cui spesso attinge per ricordare i pensieri e le storie di queste donne, con la particolarità di aver scritto proprio insieme a Lisetta Carmi, ancora in vita, l’orazione funebre di questa sensibile musicista e fotografa genovese.


©RIPRODUZIONE RISERVATA


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