Se la vita è nuda il teatro si riveste di cinema
- proscenioweb
- 3 giu 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 16 giu 2021
Presentato al Mercadante in prima visione il film-drama di Alfonso Postiglione
di Antonio Tedesco

Film-drama, l’ha definito il suo ideatore e regista, Alfonso Postiglione. Qualcosa che va oltre l’idea di semplice teatro filmato e si concentra, invece, sulla sintesi, cercando di armonizzare le specifiche componenti dei due linguaggi, quello scenico e quello cinematografico. Un’operazione che in La vita nuda (proiettato in prima visione al Teatro Mercadante il 26 maggio scorso, e poi il 29 in streaming sul sito della Regione Campania) ci è parsa perfettamente riuscita. Nata dalla situazione di necessità verificatasi in questo ultimo anno che, per le note cause di forza maggiore, ha visto i cartelloni teatrali prima stravolti e poi azzerati del tutto, l’operazione ideata da Alfonso Postiglione, in collaborazione con Dario Postiglione e Antonio Marfella, a partire dallo spettacolo teatrale programmato allo Stabile napoletano nel gennaio scorso, si inserisce, comunque in una linea di ricerca intorno al possibile incontro tra arti sceniche e linguaggi audiovisivi, nella quale si sono cimentati, tra gli altri, registi quali Luca Ronconi, Romeo Castellucci, Mario Martone (gli ultimi due in allestimenti lirici) e di recente Roberto Andò con Piazza degli eroi di Thomas Bernhard.
Con La vita nuda Alfonso Postiglione porta un poco più avanti il discorso già avviato su questa strada. Facendo di necessità virtù elabora una messa in scena filmica, se così si può dire, dove, senza rinunciare agli strumenti propri del teatro, tende anzi a valorizzarli ulteriormente attraverso le specifiche risorse offerte dal cinema e dalle tecnologie avanzate di cui questo oggi si serve. Come già in parte era successo per i registi precedentemente citati, potremmo parlare di una sorta di “teatro aumentato”, al quale i testi di Pirandello, scelti qui dalla sua produzione novellistica e non da quella drammaturgica, sembrano prestarsi in maniera ideale.
Sappiamo che per Pirandello le Novelle, erano (come ci è capitato di dire altrove) un vero e proprio laboratorio creativo di cui anche il resto della sua opera letteraria e drammaturgica si è nutrito. Una forma narrativa costantemente praticata che gli ha consentito di esplorare minuziosamente un universo umano vasto e multiforme. Incanalandone vizi e virtù nella sua specifica visione filosofica del mondo. Postiglione ne sceglie cinque tra le oltre 250 che compongono la raccolta Novelle per un anno, riuscendo a cogliere una sintesi significativa della visione dell’autore. Evidenziandone la costante attualità, anche attraverso il triplice processo di traslazione letteratura-teatro-cinema. E trovando anche il modo di allargare il campo delle citazioni e dei riferimenti (da Il fantasma del palcoscenico a Birdman ) offrendo così ulteriore riprova della persistente contemporaneità di uno scrittore e drammaturgo troppo spesso imbalsamato in forme teatrali statiche, e inopportunamente classicheggianti.
La vita nuda, novella che fin dal titolo include già tutta la visione pirandelliana, fa da cornice alle altre quattro novelle chiamate in causa (La toccatina, Il pipistrello, Volare, La rallegrata) che, grazie anche all’abilità della sceneggiatura di rendere fluidi i transiti dall’una all’altra attraverso rimandi e collegamenti ben congegnati, trovano perfetta coesione in un’unità scenica e concettuale molto solida.
Il palcoscenico del Teatro San Ferdinando, in cui le riprese sono state realizzate, viene utilizzato in tutte le sue parti, comprese quelle in genere non visibili al pubblico in sala, e si trasforma in una sorta di set ideale che i piani di ripresa e l’accorto montaggio sembrano dilatare e amplificare.
Ma tutto questo non sarebbe stato sufficiente se non fosse stato messo al servizio di un gruppo di attori di indubbia bravura (Chiara Baffi, Marta Cortellazzo Wiel, Giandomenico Cupaiuolo, Gennaro Di Biase, Fabiana Fazio, Flavio Francucci, Lorenzo Perrotta) la cui versatilità è stata messa alla prova nel continuo passaggio tra ruoli diversi ma allo stesso tempo contigui, sempre collegati ad una figura centrale a cui ognuno di essi sembra fare costantemente riferimento (quasi un saggio applicato del principio di Uno, nessuno e centomila, per rimanere in tema). Attori che sono risultati perfettamente a loro agio anche nei primi e primissimi piani che la regia cinematografica esigeva, cosa non certo scontata per chi è abituato al lavoro di palcoscenico.
Il film è una produzione del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale in collaborazione con la MAD Ertnetainment e si avvale delle scene di Iole Cilento e Porziana Catalano, con le luci di Angelo Grieco, i costumi di Giuseppe Avallone, le musiche di Paolo Coletta. Le sculture ossee, che rivestono un importante ruolo metaforico e di collegamento tra le varie novelle (la vita nuda, appunto) sono di Luca Arcamone.
In definitiva possiamo dire che, perso uno spettacolo teatrale abbiamo trovato un film che, pur essendo tale a tutti gli effetti, è riuscito a non rinnegare la sua destinazione d’origine, ma a presentarla, invece, sotto una nuova veste. Un’idea da conservare gelosamente in vista di una possibile, futura, coesistenza.
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