Racconti per ricominciare 2022 - Da vicino nessuno è normale
- proscenioweb
- 1 giu 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Tratto da Tredici canti di Anna Marchitelli, a cura di Ettore Nigro, con Anna Bocchino, Viola Forestiero, Ettore Nigro, Gabriele Saurio.
Complesso Monumentale Reggia di Quisisana - Via Quisisana, Castellammare di Stabia (Na)
27, 28, 29 maggio, 3, 4, 5 giugno ore 18.00 e ore 19.15

di Rita Felerico
Sembrano aver abitato quello spazio da sempre; non poteva infatti essere scelta migliore location del Palazzo Reale di Quisisana per Gennaro, Clotilde, Luigi, Teresa personaggi itineranti , in disperata ricerca di sé, immersi nel verde del vicino Faito, in corsa sui prati a tratti incolti delle principesca dimora, a sfiorare colorati roseti e persino il rosa -che ancora si legge- dei decrepiti intonaci. Calpestano di corsa il marmo delle scale di dismessi ampi spazi e nei cortili che raccordano i livelli dell’antico Palazzo si fermano per animare la scena, su un palcoscenico che non c’è ma che si immagina. Da vicino nessuno è normale, testo curato da Ettore Nigro, è tratto da Tredici Canti, libro della brava Anna Marchitelli che lo ha scritto dopo la lettura di alcune impolverate cartelle cliniche dell’ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi , dove vissero personaggi famosi – come il matematico Renato Caccioppoli – e perseguitati di ogni tipo, artisti, anime ribelli, sognatori, persone fuori dalla norma.
I quattro monologhi tratteggiano parte di quei mondi diversi che si incrociavano all’interno del manicomio, uniti dalla stessa sofferenza del vivere, dalla solitudine, da un soffocato rancore nato dall’incapacità di rispondere ad una inspiegabile domanda di senso, tesa a capire il perché del mi trovo qui. In tutti loro fa luce quel ‘qualcosa di più’ che li allontana dalla sensibilità ‘normale’, uno sguardo che porta lontano dai confini del loro corpo e del loro sentire, fisico e interiore. Fu Franco Basaglia chiudendo i manicomi ad aprire la strada ad una vera rivoluzione relazionale e culturale, ponendo a tutti con chiarezza domande che andavano a scavare nella nostra identità e volontà di essere, nella capacità di scelta : cos’è la normalità ? chi può dirsi ‘normale? da che parte sta la verità? chi siamo?
Il primo pentito di camorra, Gennaro Abbatemaggio, è interpretato da un accattivante Gabriele Saurio, che ha saputo dare corpo e voce ad un tipo che probabilmente non incontrerà mai nella sua vita; apre lo spettacolo vestito con cappello e leggero abito bianco, è armato di penna e taccuino. Annota, segna pensieri, riflessioni, i fatti più importanti accaduti e con un volto fra lo stupito / dubbioso e il convinto/ sincero racconta dei sui momenti di notorietà, del momento in cui iniziano ad incrinarsi le convinzioni, dell’allontanamento subito da parte degli altri. Parla come uomo libero da un terrazzo ad una platea, senza timore, perché in fondo una cosa è certa, il suo convinto desiderio di continuare in questo modo a percorrere la strada dell’indipendenza e della libertà.
In fondo ad un corridoio, relegata vicino ad un uscio, Clotilde Peani – Viola Forestiero – vestita con abiti dismessi e volutamente anticonformisti, è la ribelle, la sovversiva, la donna antifascista , pacifista considerata pericolosa e per questo perseguitata e rinchiusa. Una donna così non può avere voce e l’unico modo per farla tacere è quello di rinchiuderla, impedirle di parlare con gli altri e quindi di diffondere il suo pensiero di eguaglianza, libertà, pace. Una interpretazione, quella di Viola, accorata, dove si riflette tutto il dolore della ferita del non riconosciuto che subisce una donna, anche e solo perché è donna.
Lo spazio di un cortile più accogliente ospita Luigi Martinotti; i suoi panni li veste Ettore Nigro , in elegante abito di velluto, indossato con stile, dall’aria apparentemente tranquilla : si perché girovagando fra un monologo e l’altro chiede e cerca a tutti quasi elemosinando 200lire. Tranquillo poi non è. Il suo racconto meno teatrale e più letterario si trasforma per la maestria di Ettore, che lo rende comprensibile e partecipe. Luigi parla delle sue teorie filosofiche-matematiche, di Benedetto Croce, unico uomo che lo ha veramente ascoltato, accolto e apprezzato, parla del suo fallimentare amore, del reato di cui si è macchiato solo per racimolare i soldi per pubblicare i suoi scritti che ancora stringe con forza fra le mani.
Selvaggia, incastonata in una selvaggia natura si confida Teresa Alfieri, Anna Bocchino, nell’ultimo spiazzo con una vista di spudorata bellezza – il Vesuvio, il mare, lo scoglio di Rovigliano - come spudoratamente bella era Teresa da giovane, donna considerata ‘diversa’, che ha pagato la sua diversità con il rifiuto degli altri, con un mancato matrimonio. Una solitudine che l’ha relegata nel suo mondo di spiritelli, di personaggi fantastici ed inesistenti con i quali parla, ai quali vorrebbe donare o con i quali vorrebbe condividere il suo cibo. Brava a trasformarsi anche fisicamente Anna, nell’espressione del volto, nei movimenti del corpo, rattrappito e in continuo inciampo, ha saputo dar vita ad una Teresa probabilmente solo molto affamata d’amore.
Riflettere sulla forma della ‘pazzia’ e della diversità oggi quando conflitti e pandemia ci relegano in stretti confini di solitudine è utile e forse necessario, per tentare di riacchiappare quel filo di umanità ormai quasi scomparso, che la voce di questi bravi attori / interpreti fanno risuonare nella dismissione dei luoghi e dei nostri sensi. Una bella pagina di Racconti per Ricominciare
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Foto Marco Barile
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