Teatro Verdi di Salerno 14 maggio 2022 ore 13
"Caro N, tu eri troppo. Troppo divertente. Non semplicemente divertente, lo sai: un divertente sciocco, un divertente spiritoso, un divertente pungente, un divertente tagliente. Ferocemente divertente, spaventosamente divertente. E anche fisico. Troppo fisico, troppo corpo. Troppo corpo per essere teatro e troppo divertente per essere serio."
Con queste parole la danzatrice e coreografa Wendy Houstoun salutava l’amico e collega Nigel Charnock, a pochi giorni dalla sua morte, nell’agosto del 2012. Nigel era stato uno dei fondatori dei DV8 – Physical Theatre negli
anni ’80; aveva poi proseguito in solitaria come performer e coreografo, dando vita a una formidabile serie di assoli. Con i suoi spettacoli, esplosioni ipercinetiche in cui il canto, la danza, il grido, la messinscena, la finzione e la realtà palpabile della performance venivano cucite attorno ad un vuoto abissale. In lui tutto era energia, desiderio, volontà. Ho conosciuto e lavorato con Nigel Charnock nel 2010. Questo incontro ha segnato una linea netta nel mio modo di pensare la performance. Dopo di lui, la possibilità di una danza è per Marco D’Agostin l’orizzonte entro il quale tutto in scena può accadere. Best Regards è la lettera che scrive con 8 anni di ritardo, è l’invito a partecipare a un tributo laico e pop: “cantiamo assieme di una nostalgia che ci riguarda tutti, noi che non siamo arrivati in tempo per dire quello che volevamo. All’ombra del tempo scaduto, e sotto la luce che Nigel continua a proiettare sulla scena di chi oggi danza, facciamo risuonare un ritornello martellante: come la cominciamo questa lettera impossibile?”
Di e con Marco D’Agostin
Testi Chiara Bersani, Marco D’Agostin, Azzurra D’Agostino, Wendy Houstoun
Suono, grafiche LSKA
Associazione culturale Van
Marco D’Agostin ha studiato l’intrattenimento come forma di una specifica relazione tra performer
e spettatore, prendendone in considerazione le zone d’ombra e i fallimenti come luoghi di luminose rivelazioni. I suoi lavori si interrogano sul funzionamento della memoria, dando vita a dispositivi coreografici che a partire da archivi personali o collettivi cercano di innescare con il pubblico pratiche di partecipazione e immedesimazione.
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