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“La vita davanti a sé” con Silvio Orlando

Tratto dal celebre romanzo di Romain Gary, al Partenio di Avellino in un bilanciato mix di serietà e ironia, impegno e leggerezza



di Ciro Borrelli


Un orfanotrofio, una malattia devastante, l’esperienza dell’abbandono, il senso di solitudine, il deserto affettivo e relazionale, il degrado sociale e morale, gli ingredienti per uno spettacolo drammatico, capace di commuovere e di toccare le corde del cuore, ci sono tutti. Eppure lo spettacolo diretto e interpretato da Silvio Orlando sulle scene di Roberto Crea, La vita davanti a sé, tratto dal romanzo La vie devant soi di Romain Gary, scritto sotto lo pseudonimo di Emile Ajar, riesce a regalare momenti di intensa ilarità e a strappare sonore risate per l’intera durata, in un bilanciatissimo mix di serietà e ironia, impegno e leggerezza.

Meritata dunque la calda accoglienza da parte del pubblico avellinese, che lo scorso 12 marzo ha gremito il cineteatro Partenio di Avellino, nel centro della città, per gustare la performance dell’artista napoletano.

A fare da sfondo un palazzo situato in un quartiere multietnico di Parigi: al sesto e ultimo piano vi abita Mohammed, un bambino musulmano che tutti chiamano Momò “per fare prima”, insieme ad altri trovatelli, figli indesiderati di prostitute. Ad allevare gli sventurati ragazzini madame Rosè, un’ebrea reduce di Auschwitz, che a suo tempo “faceva la vita” e che ora si fa pagare per sostituirsi alle madri naturali.

Protagonista assoluto, Momò oscilla per tutto il tempo tra l’illusione di trovare un po’ di calore umano e le continue delusioni cui la vita lo espone. Molte le amare verità che via via gli si disveleranno; la speranza, però, quella Momò non la perderà. In ogni persona, in ogni esperienza, in ogni situazione è possibile rinvenire un pizzico di affetto, di positività, di umanità: questo Momò lo ha imparato e, forse, vuole insegnarlo a noi.

Strepitoso Silvio Orlando nel suo lunghissimo monologo, egregiamente supportato dal virtuosismo musicale dei suoi collaboratori. Un’interpretazione che comporta anche una notevole fatica fisica e un dispendio di energie non indifferente: l’esibizione non è solo verbale ma si nutre di continui spostamenti e movimenti e finanche di balli, in una performance che si può definire completa.


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