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"La Valigia" con la regia di Paola Rota, l’opera di Sergei Dovlatov

Interpretata da Giuseppe Battiston, al cineteatro Partenio di Avellino dal 18 al 19 febbraio 2023. Traduzione di Laura Salmon



di Ciro Borrelli

È possibile tenere desta su di sé l’attenzione per 90 minuti consecutivi, senza mai abbassare la guardia, senza concedersi un attimo di sosta, senza consentire all’uditorio di “disconnettersi” mentalmente ed emotivamente? Sì, è possibile, ma a patto che il tuo nome risponda a quello di Giuseppe Battiston.

È possibile trattare argomenti drammatici, l’emigrazione, la guerra fredda, l’illegalità, l’emarginazione, la galera, la giustizia senza patetismi, ma col tocco leggero e vincente dell’ironia? Sì. È possibile, a patto che tu vesta i panni di Dovlatov, giornalista e reporter maldestro e un po’ sfigato, capace di raccontarti il proprio vissuto intrecciandolo con mille storie, vicende tutt’altro che liete e tutt’altro che edificanti, senza indulgere mai alla tristezza né al moralismo.

Pochi ci riuscirebbero; Battiston/Dovlatov riesce nell’impresa. Ti presenta il più sordido e meschino campionario umano, una galleria di tipi al limite della decenza: delinquenti, attaccabrighe, ubriaconi, imbroglioni, ladri, carogne. E con il suo virtuosismo affabulatorio e dissacrante te li fa amare. Lo spettatore si ritrova a provare una strana affezione per questa sotto-umanità ferita, violenta e autolesionista, che non suscita sdegno né rabbia ma compassione e persino simpatia; solidarizza con i tanti personaggi dalla bizzarra filosofia e dalla riprovevole condotta, fino a provare quasi il rammarico di non aver conosciuto questi – per usare un’espressione del protagonista – professionisti dello sconforto.

“La valigia siamo noi” è il leitmotiv dell’opera. Forse perché ciascun essere umano è un contenitore di sentimenti, sogni, aspettative, speranze ed emozioni trasportabili ovunque. Forse perché ovunque tu vada e ovunque tu viva, non è che le cose cambino poi tanto. Può trattarsi dell’Unione Sovietica dove vige un severo regime totalitario oppure degli USA, simbolo di libertà, dove tutto è lecito, puoi stare una giornata intera a ciondolarti e addirittura i giornali sono pieni di donne nude. Non è che poi ci sia una differenza sostanziale.

Certe libertà sono apparenti e la vita è ovunque una lotta, un nonsense, una comica tragedia o una tragica commedia. Il messaggio finale è chiaro. Al cugino, personaggio strepitoso, a tal punto scombinato, inaffidabile e pericoloso che suo padre è relativamente tranquillo per lui soltanto nei periodi in cui è rinchiuso in carcere, Dovlatov chiede come va la vita. La risposta, prevedibile, arriva sotto forma di urlo: «Come sempre; inizia per “M” e finisce per “A”». Perché speranze non ce ne sono, né tantomeno alternative. La vita va così, proprio come a teatro va la performance di Battiston, La valigia. Inizia per “M” e finisce per “A”: a MeravigliA.


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