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Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello, regia di Luca De Fusco

Al Teatro Sannazaro di Napoli dal 17 al 19 febbraio



di Francesco Gaudiosi

Confrontarsi per la sesta volta in carriera con la regia di un gigante del teatro e della letteratura italiana come Luigi Pirandello denota un ambito coraggio, specie se si tratta di uno dei testi più emblematici del repertorio drammaturgico dell’autore siciliano: Così è (se vi pare). Per una produzione del Teatro Biondo Palermo, del Teatro Stabile di Catania, di Tradizione e Turismo - Centro di produzione teatrale e della Compagnia La Pirandelliana, Luca De Fusco porta in scena il testo che indusse il critico letterario Giovanni Macchia a elaborare la teoria della “stanza della tortura”. Come infatti riporta lo stesso Macchia nel suo saggio, Pirandello o la stanza della tortura, “Sulla scena il dramma diviene allora una cosa sola con la discussione del dramma. Le persone, campioni di umanità borghese, quotidiana, trasudanti lagrime, dolore, volgarità, raccapriccio, si tramutano, come per un rigurgito di quel che hanno sofferto, in personaggi teatrali, quando raggiungono quel minimo di coscienza e di volontà che non hanno avuto nella vita e che possono gridare in teatro: resti d’umanità raccolti sulle panchine dei giardini pubblici, nella cronaca nera, rifiuti della società che avevamo imparato a conoscere nelle novelle e a cui anche il Pirandello più metafisico rimarrà fedele; esseri che – come dice Ersilia in Vestire gli ignudi – non hanno mai avuto la forza d’essere qualcosa”.

Chi è la Signora Frola? È la seconda moglie del Signor Frola o la figlia della Signora Ponza? Quale verità si nasconde tra la suocera e il genero, ognuno dei quali depone una propria versione dei fatti mostrando l’aleatorietà della testimonianza altrui, purtuttavia non additando nella versione dell’altro o dell’altra una vena di colpevolezza, quanto piuttosto una commiserazione per l’esistenza logorata dalla mancanza di senno, o ancor peggio dall’assenza della persona che ci si vuole immaginare di essere verità? La verità, come dice con tono beffardo il Signor Laudisi, è di entrambi: la realtà è intrinsecamente imperscrutabile e per tale motivo le versioni del Signor Frola e della Signora Ponza, seppur antitetiche, sono necessariamente tollerabili. Pirandello compone in questo testo quella che Macchia descrisse come una “matassa arruffata”, in cui si astiene dall’intervenire, come un deus ex machina, per aiutare il pubblico a ritrovare il filo della narrazione. “Io sono colei che mi si crede”, frase celebre del teatro pirandelliano pronunziata dalla Signora Frola, avvolta da un velo nero e osservata dallo sguardo attonito del paese dedito al chiacchiericcio e a smascherare la verità. Ma Pirandello (e qui sta la genialità artistica dell’autore siciliano), fa comparire la Signora Frola dalla platea, camminando come un fantasma con un velo nero. L’unico personaggio che rappresenta la verità, per Pirandello, ha un velo di imperscrutabilità, possiede la più illusoria maschera che fa sprofondare il pubblico e gli altri personaggi del testo in un relativismo enigmatico, privo di qualsivoglia spiegazione. Come disse Macchia nel suo saggio, “[…] l’autore ne sa meno dello spettatore. Anche lui, l’autore del Così è (se vi pare), non riesce a capire la verità, la famosa verità, da che parte si trovi”.

De Fusco allestisce una regia essenziale, dichiaratamente kafkiana stante a rappresentare un ambiente opprimente, in cui gli abitanti e le autorità del paese sono intenzionate a fare luce sulle ambigue figure che sono venute a vivere in città. Ecco che dunque il Signor e la Signora Frola, così come la Signora Ponza, si trovano a deporre al centro della scena, con un cono di luce e dinanzi a un microfono, sotto gli occhi giudicanti del paese e dell’amministrazione della giustizia. Viene dunque intentato un processo teatrale in cui gli attori, deponendo le loro testimonianze di fronte agli altri interpreti e al pubblico, raccontano le loro versioni dei fatti, la propria verità. Più il processo va avanti, più la matassa si contorce seguendo fila che fanno perdere al pubblico certezze e rassicurazioni. Si insinua nello spettatore un dubbio lacerante, ma Pirandello non intende farsi amare, vuole piuttosto opprimere lo spettatore e torturare i suoi personaggi, costretti come il Signor Frola e la Signora Ponza a deporre le proprie testimonianze senza liberare dal dubbio chi assiste alla pièce.

In tal senso il Signor Laudisi, magistralmente interpretato da Eros Pagni, è una tra le più umoristiche delle creature pirandelliane: egli è fermamente convinto dell’impossibilità di una realtà oggettiva, ed è in grado di deridere i tentavi di ricerca della verità degli altri personaggi in scena. Per loro, Laudisi imbroglia ancor di più le fila della matassa. Laudisi, scusandosi, si limita ad affermare che ascolterà i fatti sorridendo talvolta per le reazioni dei suoi familiari e degli altri concittadini. Il Laudisi interpretato da Pagni è conscio fin da subito che quella che si profila è una narrazione del tutto tollerabile solo agli occhi di un relativismo assoluto, e per tale motivo reagisce con un dissacrante spirito umorista con cui si prende beffa degli altri.

In scena con Pagni, troviamo Anita Bartolucci, Giacinto Palmarini, Domenico Bravo, Roberto Burgio, Valeria Contadino, Giovanna Mangiù, Plinio Milazzo, Lara Sansone, Paolo Serra e Irene Tetto, per gran parte interpreti già conosciuti nelle regie di De Fusco e applauditi nel precedente adattamento del regista dei Sei personaggi in cerca d’autore. Non è dunque una sorpresa che questi sappiano istillare, con quell’interpretazione tipicamente pirandelliana, il senso di vuoto che vuole trasmettere il teatro di Pirandello, attraverso tempi del recitato, sospiri, anche solo silenzi e sguardi che mascherano la realtà dei personaggi portati in scena. Le scene e i costumi, fedeli alla rappresentazione, sono di Marta Crisolini Malatesta, mentre il suggestivo disegno luci è di Gigi Saccomandi e le musiche sono curate da Gianni Garrera.

Pirandello non ci lascia mai andare a letto tranquilli, diceva Giovanni Macchia nel suo saggio. Ma per essere fedeli a questa affermazione, bisogna aggiungere che è necessario un adattamento di livello e interpreti in grado di mantenere questo senso di inquietudine, di voluttuosa ricerca di una verità irraggiungibile per provocare lo spettatore, per un testo che ha oltre un secolo di storia e mostra, nello spettacolo di De Fusco, prova di ottima longevità. L’unica tranquillità per il pubblico, all’uscita dal teatro, è quella di aver assistito ad un’ottima rappresentazione teatrale, il turbamento, invece, è quello autentico del testo, a cui si aggiunge quello relativo al fatto che quello allestimento sarà in scena al Teatro Sannazaro di Napoli solamente per tre giorni, dal 17 al 19 febbraio.


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