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“La pazza di Chaillot” di Giraudoux e la regia di Però

Una favola della lotta immane, non sempre vittoriosa, contro le violenze e le ingiustizie della società, dominata dal danaro e dalla sete del potere per il potere



“La pazza di Chaillot” di Giraudoux e la regia di Però

Servizio di Rita Felerico


Il sapore delle favole lascia sempre un retrogusto amaro e alquanto malinconico; ma forse, se non fosse così, non potrebbe assumere insieme alla fantasia e al giusto umorismo il tono del messaggio etico, trasferire attraverso le parole “la saggezza di tutti, quella popolare”. La favola accompagna una possibile soluzione ai problemi, una rivincita e una vittoria delle forze del bene su quelle del male, un sogno che si persegue e qualche volta non si avvera. La pazza di Chaillot, tratto da un testo di Jean Giraudoux e andato in scena al San Ferdinando di Napoli dal 15 al 20 marzo con la regia di Franco Però, è una favola e, nella ingenuità della sua forma, racconta della lotta immane, non sempre vittoriosa, contro le violenze e le ingiustizie della società, dominata dal danaro e dalla sete del potere per il potere, una lotta alla quale però non si deve mai rinunciare. È la lotta, nel suo significato più etico, da lasciare in eredità a tutte le generazioni del futuro, anche se non si godrà del bene e della bellezza a cui si aspira, perché si contribuirà a condividerla nel tempo e a non farla morire. È il linguaggio dei diversi, dei folli che possiedono lo sguardo più lungo, pronto a raggiunge ciò che non si vede a prima vista, quello che parla e racconta in questa drammaturgia, costruita su un personaggio chiave, Aurélie, la bislacca contessa del quartiere Chaillot, dai coloratissimi e stravaganti abiti fuori moda, interpretato con naturale immedesimazione ed espressività da Manuela Mandracchia, che ricordiamo legata professionalmente al grande regista Luca Ronconi. Lo spettacolo – ne esiste una versione del 1968 in forma di commedia cinematografica americana con Katharine Hepburn – fu rappresentato ad un anno esatto dalla morte dell’autore che lo scrisse nel 1943, durante l’occupazione tedesca di Parigi. “Jean Giraudoux – commenta Però – scrive quasi a premonizione dei tempi a venire, è una folle, ecologica, politica, poetica ed ingenua commedia fantastica, in cui c’è tanta consapevolezza della direzione che avrebbero preso le nostre società”. Se l’impegno politico e civile si è affievolito, allontanato dai modelli del passato, ci si relaziona ai temi dell’idealità, legati alla fragilità del pianeta, della sua tutela . “La storia, le dinamiche di potere che descrive, la relazione tra élite autoproclamate e classi popolari, l’appetito cieco del mondo degli affari verso le risorse del pianeta sono più che attuali: sono il seme del mondo in cui viviamo. Sono il punto zero, l’alba del mondo che conosciamo”, sottolinea Letizia Russo, la drammaturga. Al capitalismo sfrenato, al mercato petrolifero, agli interessi senza scrupoli di loschi uomini d’affari che vogliono trivellare il 16° arrondissement di Parigi per cavarne petrolio, si oppone una compagine di variegati sognatori caduti in disgrazia per ‘onestà’: mendicanti, sordomuti, cenciaioli,

camerieri. Giraudoux, esponente dell’intellighenzia francese fra le due guerre del Novecento, difensore dei diritti umani, studioso di giurisprudenza, vide in Aurélie l’allegoria della città di Parigi, che ritrova in se stessa i mezzi per resistere all’occupazione dei nazisti e Franco Però, similmente, si appoggia alla forza di Aurélie, al suo indomito coraggio , per renderla paladina delle cause dell’oggi. È ecologista, ambientalista, femminista ,pacifista. Non può non opporsi al vile piano degli sporchi affaristi, a costo di farli sparire per sempre. Chiama così al suo fianco Costance – interpretata da Evelyn Famà – Gabrielle – una convincente Ester Galazzi – e allestisce un tribunale rivoluzionario in grado di giudicare le turpitudini degli uomini di malaffare. È qui, in questo finale momento corale, che Giovanni Crippa, il cenciaiolo, nei panni del maggior imputato, offre una prova di teatro di alto coinvolgimento. Ma la favola non è a lieto fine e neppure l’amore grande fra la cameriera e il giovane Pierre riesce a far soccombere e ribaltare la cruda realtà. Ma un finale, altro, può ancora essere scritto.


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