“L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi”. La performance di Niccolini. Sensibilità e pazzia sull’amore negato
di Anita Curci
Thriller a tratti vagamente umoristici, la visionaria performance L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi, scritta da Francesco Niccolini e diretta da Giuseppe Marini, ha debuttato nell’ottobre 2021 in prima nazionale al Lucca Comics & Games nell’ambito del progetto Graphic Novel Theater a cura di Cristina Poccardi. Sono andata a seguire lo spettacolo al Sannazaro di Napoli poiché mi interessava assistere a una diversa modalità di organizzazione scenica. La mescolanza tra teatro e fumetto pensavo (speravo) mi sorprendesse e mi colpisse piacevolmente. In realtà, ne sono uscita non solo delusa, ma anche pervasa da un senso di negatività. Non so da dove abbia tratto ispirazione Niccolini, ma questo dramma è davvero difficile da sopportare nei tempi resi già cupi della pandemia.
La vicenda è segnata dal senso dell’abbandono, del tra-dimento, della derisione a causa di eventi infantili terrificanti, che trasformano il protagonista in uno spietato omicida. I traumi con cui Oreste deve confrontarsi fin da bambino sono la morte della sorella, divorata davanti ai suoi occhi dai maiali della fattoria di famiglia, l’assassinio del padre per mano della madre e del suo amante, e poi emarginazione, repulsione e odio da chi doveva invece proteggerlo e amarlo. I gravi disturbi mentali sembrano inevitabili. A trent’anni si ritrova ancora internato. Dal riformatorio è passato nel manicomio dell’Osservanza a Imola, dove non perde la volontà di ridere, cantare, parlare in continuazione, soprattutto di dipingere, di scrivere alla fidanzata immaginaria.
La fabula è drammatica, a tratti sconvolgente, e viene svelata nel corso dei minuti che si srotolano in un’atmosfera grigia, triste, sconfortante. L’Oreste è chiaramente una meditazione sull’amore negato e sulla solitudine. Comprendo che Niccolini intendeva raccontare, in chiave scanzonata, la sofferenza umana, per porci di fronte ai conti che bisogna fare quando la vita si presenta irrimediabilmente impietosa, però forse non era il periodo giusto. Nulla da dire sull’interpretazione e sull’intero impianto, dove si nota l’impegno dello staff. Sul palco si muove bene da solo Claudio Casadio mentre dialoga, accompagnato dalle musiche originali di Paolo Coletta, con un caleidoscopio di presenze, espresse dai disegni viventi dell’illustratore Andrea Bruno.
Gli shock che il sensibile Oreste ha vissuto sembrano dimenticati, in sostanza continuano ad essere alimentati nell’inconscio per riapparire sotto forma di spettri nei fumetti e nelle voci della sorella, di Ermes, del dottore e dell’infermiere (rispettivamente di Cecilia D’Amico, Andrea Paolotti, Giuseppe Marini, Andrea Monno).
RIPRODUZIONE RISERVATA
Comments