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Don Juan in Soho

Don Juan in Soho, il Don Giovanni contemporaneo che vive nella trasgressione londinese arriva al Teatro Bellini



di Francesco Gaudiosi

Patrick Marber è uno dei più interessanti drammaturghi e commediografi inglesi degli ultimi anni. Prova ne è il fatto che a Londra i suoi testi sono rappresentatissimi, con notevole apprezzamento da parte di critica e pubblico. Quest’anno, il Teatro Bellini di Napoli ci offre la possibilità di assistere all’adattamento italiano di due suoi fortunati testi: Don Juan in Soho, che sarà in scena fino al 7 novembre per la regia di Gabriele Russo e The red rion, che salirà sul palcoscenico del Teatro napoletano dal 16 al 21 novembre con la regia di Marcello Cotugno.

Don Juan in Soho segna quindi il debutto della stagione teatrale 2021/2022 del Teatro Bellini, con in scena Federica Altamura, Joele Anastasi, Alfredo Angelici, Noemi Apuzzo, Claudio Benegas, Claudia D'Avanzo, Mauro Marino, Alfonso Postiglione, Daniele Russo, Arianna Sorrentino ed Enrico Sortino. Tessitore della ben nota trama afferente al Don Giovanni “tradizionale” di Molière è un poliedrico Daniele Russo, nei panni dello spregiudicato conte che, nell’adattamento contemporaneo firmato da Marber, vive nella trasgressione londinese, più precisamente nel quartiere di Soho, luogo psichedelico e affascinante della capitale inglese. Affianco a lui, uno Sganarello che nel testo di Marber prende il nome di Stan, figura viscida e umoristica allo stesso tempo, nell’ottima interpretazione fornita da Alfonso Postiglione. È così che Don Juan conduce Stan nella sua vita dissoluta, spregiudicata e indiscutibilmente amorale, fatta di donne, alcol, droghe e ancora donne. Nella collezione spasmodica di nuovi corpi da toccare, il piacere inizia e finisce nel momento stesso dell’amplesso, per poi concludersi l’infausta vicenda amorosa con una mera catalogazione nella numerosissima lista di contatti telefonici custodita nel cellulare di Stan. Don Juan, a inizio spettacolo, non riesce a tollerare l’idea che tra le sue innumerevoli prede femminili non ci sia un’eschimese. Ecco allora un nuovo ordine al suo servo: a breve il padrone partirà per la Groenlandia, per assecondare il suo piacere transitorio e includere nella lista una categoria precedentemente non posseduta.

Don Juan è libero arbitrio, narcisismo e edonismo all’ennesima potenza, è incapacità di sacrificare le proprie libertà in funzione del vivere sociale. È specchio di una società in cui si assiste, oggi più che mai, ad una summa di egoismi personali nell’incapacità di capire le fragilità altrui, nel rifiuto di tentare di vedere nell’altro una risorsa umana piuttosto che persone reificate utili per il proprio tornaconto. La regia di Russo restituisce quel senso di fluidità del protagonista, che da predatore iniziale si trasforma in preda assediato dai suoi nemici, dalle donne che ha fatto soffrire (in primis la sua sfortunata moglie Elvira) e dalla statua, il convitato di pietra, che Don Juan tenterà di sfidare pagando cara la vita. Funzionali alla trasposizione scenica le scene di Roberto Crea, con un grande rettangolo girevole che conferisce dinamicità al ritmo narrativo e una dimensione di movimento molto apprezzabile, anche grazie al sapiente disegno luci di Salvatore Palladino. I costumi, eccentrici, barocchi e pseudo-contemporanei con echi ai colori e alla stravaganza del quartiere di Soho, sono di Chiara Aversano. Un plauso, infine, al progetto sonoro di Alessio Foglia, che segue l’intuizione del regista Gabriele Russo nel creare un Don Juan che fa dell’acronimo il suo mestiere, vale a dire il DJ. Nella scelta delle musiche, nel disegno luci e nella piattaforma che permette cambi di scena repentini si costruisce una trasposizione scenica accattivante, tecnicamente pregevole e per questo meritevole di essere applaudita in un Teatro Bellini che si apre a festa, un po' per il buonumore che un personaggio come Don Giovanni inevitabilmente trasmette, un po', forse, per il piacere di aver finalmente riaperto le porte del Teatro al suo pubblico.


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