Con Carolina Rosi e Gianfelice Imparato nella commedia di Eduardo dove tragico è il ruolo della follia
di Ciro Borrelli
Con la Ditegli sempre di sì, il regista Roberto Andò porta in scena l’intramontabile tema della follia. Con Carolina Rosi nel personaggio di Teresa Murri e Gianfelice Imparato, protagonista della commedia composta da Eduardo De Filippo (la prima stesura risale al 1925, il debutto in teatro al 1927) nei panni di Michele Murri, uno psicopatico appena dimesso dal manicomio. Leitmotiv della produzione di Pirandello, modello indiscusso di Eduardo, la pazzia si carica in questo testo di molteplici sfaccettature. La follia, infatti, si manifesta nella sua veste “ufficiale” attraverso il Murri, ossessionato dal perfezionismo, aritmomaniaco, incline al fraintendimento, perennemente in balia dell’impulso di spiattellare la verità in faccia a tutti, in barba alla discrezione e alla complicità, doti fondamentali nei rapporti sociali. Ma la pazzia trova espressione anche nel personaggio di Ettore De Stefani, amico di infanzia del Murri: nella sua smania di sfuggire alla giustizia, l’uomo si lascia andare a gesti inconsulti, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “strano”. E come definire normale Luigi Strada? Eccentrico inquilino della signora Teresa (sorella del Murri), questo personaggio, ininterrottamente dall’inizio alla fine della vicenda, si esibisce in mille “spettacolini” e si cimenta in mille metamorfosi, attirandosi gli sguardi attoniti degli astanti. Tant’è che, allorquando il Murri annuncia (distorcendo ancora una volta la realtà e proiettandoci sopra la sua visione deformata delle cose) che le stravaganze del giovane sono da addebitare a una vera e conclamata malattia mentale, tutti immediatamente gli credono. Ma è il triste finale a svelarci un ulteriore aspetto della follia, il più drammatico. “Vedi come fila il ragionamento?”, si preoccupa di ribadire continuamente il Murri. Traumatizzato dall’esperienza del manicomio e terrorizzato dall’idea di tornarvi, il protagonista, ossessionato dal bisogno di giustificare ogni sua dichiarazione, in un disperato tentativo di mostrarsi guarito per evitare di sperimentare nuovamente l’insopportabile esperienza dell’isolamento e della solitudine, finisce col rendere ancora più manifeste le sue turbe psichiche, in un circolo vizioso che non può che condannarlo per sempre al ruolo di “pazzo”.
Si carica quindi, in questa commedia, di un tono quasi tragico il tema della follia, già presente nella produzione eduardiana in Uomo e galantuomo del 1922, ma lì connotato in modo comico o meglio grottesco: il personaggio di Alberto De Stefano, infatti, non è davvero pazzo ma finge soltanto di esserlo, per evitare rappresaglie da parte del marito della donna amata.
Andato in scena il 19 marzo scorso al cineteatro Partenio di Avellino, per la regia di Andò, nella rappresentazione della Compagnia di Teatro di Luca De Filippo e produzione Elledieffe- Fondazione Teatro della Toscana-Teatro Nazionale, lo spettacolo Ditegli sempre di sì ha riscosso notevole successo. Meritevoli le performance di Imparato, “vecchio” leone del teatro napoletano, e di Carolina Rosi.
Confermano il loro talento artistico Nicola Di Pinto e Massimo De Matteo nei ruoli rispettivamente di Vincenzo Gallucci (amico di famiglia) e don Giovanni Altamura, il padrone di casa dei Murri. A dir poco esplosiva la prova di Edoardo Sorgente nelle vesti del vulcanico e irrefrenabile Luigi Strada.
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