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Ctf - “Il Sogno di una cosa”di Pier Paolo Pasolini

Adattamento e regia di Elio Germano

Con Elio Germano e Teho Teardo

Produzione Infinito Teatro di Pierfrancesco Pisani

Cortile della Reggia di Capodimonte – 28 giugno

Debutto assoluto



Ctf -  “Il Sogno di una cosa”di Pier Paolo Pasolini

di Maddalena Porcelli


Napoli - Il sogno di una cosa è il titolo del primo romanzo di Pasolini, scritto nel 1948 ma pubblicato soltanto nel 1962. È la storia peculiare, rappresentativa di un’epoca e di una geografia singolari: sono gli anni del dopoguerra, in Friuli, gli anni del sogno socialista, dell’utopia contadina e della contestazione del sistema capitalistico; ed è a questo che esplicitamente s’ispira il titolo tratto da una citazione di Karl Marx.

Il sogno di una cosa altro non è che la volontà di realizzare un mondo finalmente giusto, sognato ed agito dai giovani protagonisti del romanzo, contadini immiseriti dalle politiche latifondiste, i cui destini s’incrociano fortuitamente in una delle tante sagre contadine del tempo, in uno di quei paesi di campagna affacciati sulla riva destra del Tagliamento; feste che fungevano da richiamo e occasione di socialità per tutti gli abitanti del territorio - vecchi, giovani, bambini - e i cui ritmi erano scanditi dai balli, dai canti, dalla fisarmonica, dalle conversazioni accese e dal buon vino.

Ciò a cui assistiamo è sostanzialmente un teatro di narrazione, nel quale Elio Germano, che ne firma la regia, legge le pagine di questo libro restando fedele al testo dal principio alla fine, pur inserendovi impercettibili modifiche che gli consentono di aderire, per riflesso, alla realtà contemporanea. Una realtà che appartiene a tutte quelle genti del mondo costrette a lasciare il proprio luogo d’origine, con in tasca il sogno di un mondo nuovo e la speranza che esso possa accoglierli e permettergli di cambiare la propria esistenza; un sogno frantumato dalle spietate pratiche di repressione, all’epoca, e dalle leggi di respingimento europee oggi, da chi, come fa intendere il regista senza mai esplicitarlo, ha dimenticato il proprio passato, le proprie radici, omologandosi ad un modello consumistico che non abbisogna di solidarietà, empatia, amicizia che non siano finalizzate al profitto. Accompagnato dalla musica di Teho Teardo, musicista contemporaneo tra i più affermati del panorama europeo, che indaga sulle contaminazioni tra musica elettronica e strumenti tradizionali con effetti sorprendenti, la voce si fa corpo, con toni che mutano a seconda della personalità del protagonista del momento. La potenza espressiva di Elio Germano acquista, attraverso la sua abilità e mimica straordinaria, una forza magnetica davvero stupefacente. Cade la quarta parete e il cortile della reggia diventa, per magia, il luogo d’incontro dei protagonisti del libro, nel quale il pubblico resta necessariamente coinvolto. Con una soluzione ingegnosa - un registratore nascosto dietro uno degli archi a tutto sesto del cortile - ci ritroviamo immersi in quelle atmosfere agresti e popolane così ben descritte e amate da Pasolini: il rumore dell’acqua del fiume, il cinguettio degli uccelli all’imbrunire, il suono della pioggia, le grida delle piazze e i rumori di osteria si diffondono, per un gioco di echi, tutt’intorno. Anche i suoni prodotti dagli strumenti di Teardo sono un elemento fondante dello spettacolo, perché scandiscono in maniera esemplare i momenti più significativi della storia, le sue pause, i suoi risvolti, le sue riflessioni. In tale atmosfera, dalla quale il pubblico è letteralmente rapito, seguiamo, attraverso la narrazione a tratti commossa di Elio Germano, la storia dei tre giovani, poco più che ventenni, che decidono di emigrare clandestinamente all’estero, Nino ed Eligio in Jugoslavia, Milio in Svizzera, a causa della disoccupazione in Italia. L’illusione, per i due che di nascosto emigrano in Jugoslavia, di poter vivere una nuova realtà, lontani da una terra che ha riciclato al potere vecchi gerarchi fascisti, nella quale veder realizzati quegli ideali di libertà e di giustizia sociale propri di un sistema socialista, come nell’immaginario si rappresentavano quello di Tito, s’infrange quasi subito. Sarà una delusione immensa il constatare che lì, in quella terra tanto agognata, tutto è razionato, si muore di fame più che in Italia e non vi è lavoro. Costretti ad essere sfruttati e ghettizzati in quanto clandestini e privi dei documenti che attestino la loro appartenenza e fedeltà al partito(oggi rappresentata dal permesso di soggiorno), patiscono sulla propria pelle le vessazioni da parte di una polizia arida e spietata che li confinerà in una struttura semidetentiva, affamandoli e svilendoli fino allo sfinimento. La stessa cosa accadrà a Milio, che racconterà della sua esperienza in Svizzera descrivendo quella realtà come triste, avara, priva di umanità.

Così decidono di tornare in Friuli, dove si soffre la fame ma c’è solidarietà, allegria, voglia di stare insieme, a lottare per un socialismo diverso, più vero ed umano, immergendosi nelle lotte sociali del tempo, che rivendicavano la corretta applicazione del lodo De Gasperi, una legge varata sul finire degli anni quaranta, che cercava di riequilibrare il rapporto lavorativo tra latifondisti e contadini, invitando i proprietari di terre ad aiutare i mezzadri e i braccianti, cedendo ai primi una quota dei profitti e assumendo i secondi come manodopera, in riparazione dei danni subiti durante la guerra. I nostri protagonisti, appellandosi all’emendamento, lottano strenuamente per i loro diritti, occupando proprietà, minacciando i padroni, ma in aiuto dei proprietari scenderanno in campo polizia ed esercito, per disperdere i manifestanti. Il racconto si chiude con la morte di uno dei protagonisti, ammalatosi in una cava, il che segna la disillusione dell’età adulta con il suo carico di angoscia e di malinconia nei confronti di una realtà che va orientandosi sempre più verso l’omologazione a valori completamente opposti a quel mondo contadino fondato sulla semplicità, la sincerità dell’amicizia e la genuinità. Prodotto da Infinito Teatro di Pierfrancesco Pisani, lo spettacolo è stato accolto con entusiasmo da un pubblico emozionatissimo.

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