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Cft - Open

Sergio Rubini legge Agassi, Sintesi letteraria Antonio Marfella

Capodimonte – Praterie Del Gigante 3 Luglio Ore 21.00

Debutto Assoluto



Ctf - Open
fotografie di Ivan Nocera

di Rita Felerico


Napoli – Open, in scena a Capodimonte per il Campania Teatro Festival domenica 3 luglio – debutto assoluto – è un reading tratto dalla sintesi letteraria che Antonio Marfella fa del libro di Andre Agassi, “ Open- la mia storia”. Inaugura con Sergio Rubini la sezione SportOpera del Festival, curata da sempre da Claudio Di Palma e realizzata in collaborazione con VesuvioTeatro. Una sezione che si è rivelata da subito di successo, seguita e apprezzata da pubblico e critica, rivelatrice di situazioni e testi quanto mai originali nel loro modo di porsi al pubblico.

Fra sport e arte ci sono molte affinità, a partire dal concetto di sfida e per quell’attraversare angoli sconosciuti e nascosti del nostro essere, del nostro stare al mondo i quali – messi a nudo e raccontati – assumono il carattere non solo di storie/racconti, ma di esempi con cui confrontarsi e dialogare. “ Ci piace immaginare lo sport come una sorta di variante fisica dell’arte: proprio come l’arte, sperimentando continuamente la conoscenza del limite, esso si occupa nel modo più estremo – anche se, forse, meno consapevole – delle scaturigini profonde dell’essere umano”, così scrive Claudio Di Palma all’inizio del dépliant illustrativo della rassegna.

Un discorso che parte da lontano, che in questi anni si è affinato e limato donandoci lampi di riflessione e di piacere ‘teatrale’. Si crea una sorta di identificazione fra noi e il protagonista delle storie a seconda dei nostri sentimenti e pensieri, attraverso il filo della riscoperta delle qualità del corpo, a volte vissuto come scomodo e problematico ingombro per la realizzazione del benessere, fisico e interiore: conquistare se stessi, scrive ancora Claudio richiamandosi a San Paolo. Mettersi in gioco dunque e valutare con sincera trasparenza le ambiguità e le contraddizioni del rapporto che esiste nello sport e nel praticarlo fra il corpo e la persona, come nella vita, un rapporto che può unire e dividere addirittura trasformandosi in altro.

La storia di Agassi ci narra il lungo, tormentato legame fra lui e il tennis, iniziato da una imposizione quasi tirannica del padre, che abbraccia e traccia tutti i rapporti familiari e relazionali di un ragazzo in piena adolescenza il quale, attraverso il tennis, vede scorrere la sua vita su un solo binario, come ingabbiato in un processo di crescita mai scelto bensì imposto. Da qui i suoi ‘urli’ comportamentali, simbolo della sua inquietudine : i capelli ossigenati e rasati, l'orecchino, una tenuta men che mai sportiva, bensì più da musicista punk che da tennista, il parrucchino. Così Agassi ha sconvolto l'austero mondo del tennis, ma solo così ha potuto raggiungere una serie di successi mai visti prima.

Sergio Rubini ha scelto un tono di voce quasi ovattato ma incisivo, apparentemente monologato, usando la voce come uno strumento nel rilevare e raccontare emozioni; voce come lo scalpello che scava il marmo per portare alla luce il mistero della scultura che il marmo racchiude; Rubini e la sua interpretazione tracciano di Agassi – il grande campione statunitense soprannominato il Kid di Las Vegas - un ritratto umano che facilmente si dimentica. I timori, i dubbi, le sconfitte, la figura onnipresente del padre che incide su tutti i suoi desideri e li determina, il modo di scrutare gli avversari, i pensieri e le intuizioni ‘tecniche’ per batterli e la confessione del suo odio per il tennis. Una cronaca interiore si legge nel dépliant.

Equilibrio e passione nel monologo di quest’attore della cui professionalità e bravura conosciamo e che abbiamo amato ancora di più dopo il suo ultimo film, I fratelli De Filippo , dove con occhio libero, non sovraccarico di pregiudizi e stereotipi, ci dice di Eduardo, Titina e Peppino.

©Riproduzione Riservata


fotografie di Ivan Nocera

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Regia, scene, luci e costumi di Theodoros Terzopoulos. Al Teatro Bellini di Napoli dal 24 febbraio al 5 marzo di Antonio Tedesco Beckett ritornò più volte sul testo di Aspettando Godot, specie in occa

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