Addio a Riccardo Zinna
- proscenioweb
- 6 mag 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 9 mag 2021
Ciao Ric, amico dei giorni buoni
di Luciano Pennino

Intorno alla metà degli anni ’70 mi aggiravo con curiosità dentro umidi e bui scantinati, i “teatrini off”, come si definivano allora, e insieme a tanti ragazzi, pieni di entusiasmo e talvolta di talento, ricercavo una mia dimensione artistica.
Era il 1976, e in una cantina di via Bonito a Napoli, il Teatro dei Resti, una delle scuderie per i tanti giovani – tra cui quelli che sarebbero diventati celebri, come l’attore Silvio Orlando, il penalista Mimmo Ciruzzi, lo psichiatra Adolfo (Fofò) Ferraro… e altri con i quali strinsi rapporti indissolubili – mi imbattei in una figura inconsueta per quel mondo, Riccardo Zinna. Un ragazzotto dal volto fortemente espressivo, incorniciato da una foltissima chioma nera e riccia, una notevole voce baritonale e una rara empatia. Imbracciando una chitarra, mi invitò a condividere musica popolare. Io, che come lui, ero alla ricerca di amanti di quel genere, non mi feci pregare. La sua passionalità mi stregò. Fu un colpo di fulmine.
Nel 1980, in un viaggio “on the road”, intrapreso con le chitarre e senza una lira in tasca, partimmo, dopo una delusione artistica, alla “ricerca di noi stessi”. In quell’occasione Ric inconsapevolmente mi insegnò l’approccio caloroso e senza remore con l’arte e la vita. Negli ultimi tempi ci incontravamo poco, nel febbraio scorso per caso c’incrociammo al Vomero, lui passeggiava malinconicamente immerso nei pensieri, ma questo non gli impedì di notarmi seduto su una panchina. Con gesto affettuoso ci scambiammo un bacio e passeggiammo insieme per qualche ora. Mi raccontò della bellissima esperienza registica da cui era fieramente reduce. Aveva prodotto e realizzato un docufilm sulla carriera di Flavio Bucci, in stretta collaborazione con lui, percorrendo l’Italia in camper per documentare la storia del grande attore.
Poi accennammo con cautela al problema di salute che l’affliggeva. Era molto dignitoso, Ric. E infine ci salutammo, promettendoci di incontrarci più spesso.
Riccardo da giovane aveva frequentato il Liceo artistico di Napoli, completando gli studi all’Accademia di Belle Arti; contemporaneamente si dedicava alla musica, imparando a suonare anche la tromba e a creare composizioni per teatro e cinema, riuscendo poi a diplomarsi al Conservatorio di Frosinone. Il jazz, la melodia popolare e la pittura restavano i suoi amori, assieme all’arte teatrale, che esplorava in tutte le direzioni. Da musicista, a regista e attore, ha lavorato, tra gli altri, con Ferruccio Soleri, Mario Martone, Toni Servillo, Renato Carpentieri, Tonino Taiuti, Carlo Cerciello… Agli inizi degli anni ’90 cominciò a profilarsi la sua carriera cinematografica, partecipando con ruoli più o meno di rilievo a fiction e a tanti film fondamentali del cinema italiano diretti da Francesca Archibugi, Daniele Luchetti, Nanni Moretti, Carlo Mazzacurati, Gabriele Salvatores, Matteo Garrone, Toni D’Angelo… solo per citarne qualcuno.
Era del ’58, Riccardo, e se n’è andato all’età di sessant’anni il 20 settembre scorso.
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