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Diva

IN PRIMA ASSOLUTA


dalle lettere di Liliana Castagnola scritto da Corrado Ardone

Per la regia di Lara Sansone

con Gino De Luca, Massimo Peluso, Giorgio Pinto, Ruben Rigillo, Ingrid Sansone, Lara Sansone, Ivano Schiavi

e la partecipazione di Leopoldo Mastelloni

scene Francesca Mercurio

costumi Teresa Acone

disegno luci Luigi Della Monica

produttore creativo Sasà Vanorio

musiche Paolo Rescigno

Una produzione tradizione e turismo – centro di produzione teatrale


CAPODIMONTE – CORTILE DELLA REGGIA (PORTA GRANDE)

16, 17 GIUGNO ORE 21.00



Uno spettacolo teatrale che racconta una storia universale: il pregiudizio verso le donne, il permanere degli stereotipi sessisti nel tempo, anche se si tratta o si è trattato di donne apparente corteggiate, finanche idolatrate da uomini di potere ed artisti importanti.

La domanda di fondo è: può una donna morire, o meglio, togliersi la vita, perché il mondo che la circonda la considerava scandalosa? Bisognerebbe riflettere sul significato di SCANDALOSA. Certo non è giusto ritenere tale una donna perché costretta a sposarsi con un uomo che non ama, o che addirittura non conosce, un vero e proprio matrimonio forzato, allora come oggi.

Ancora ai nostri giorni, come negli anni Trenta del Novecento, epoca in cui la Castagnola è vissuta, non esiste libertà per le donne, non esiste parità di genere, perché il patriarcato allora dominante, come ancora oggi, sia pure in forma diverse, ha sempre ritenuto asimmetrico il rapporto uomo - donna.

È per questa ragione che una donna, dalla semplice ragazza alla donna di successo, che vuole essere libera, è condannata alla solitudine, alla finzione, e non essere mai ritenuta all’altezza dell’uomo.

Perché riproporre allora una storia come quella della Castagnola, non diversa da quella di tante altre donne del passato o del presente? Si tratta di una affinità elettiva, di un fil rouge che unisce questa compagnia alla storia della Castagnola.

La volontà comune di raccontare una donna che ha pagato con la morte il suo essere ritenuta scandalosa, il suo non volere scendere a compromessi. Un mondo interiore buio, dunque, che però sulla scena acquista colore.

La leggerezza della Castagnola è quindi solo apparente; la maschera da diva, nasconde la sofferenza, il dolore, e contemporaneamente protegge dal mondo esterno, fin quando l’amore verso Totò renderà impossibile la finzione.

Non si tratta, allora, di portare in scena la biografia di un’artista, ben conosciuta peraltro da tutta la compagine impegnata in questo spettacolo, ma si va oltre. Mentre si racconta una storia, si indaga sul senso della solitudine universale delle donne.

La fusione tra la famiglia Sansone, in scena sono presenti sia Ingrid che Lara, che firma anche la regia, con Ruben Rigillo, figlio di Mariano, e con la partecipazione di Leopoldo Mastelloni, valorizza il lavoro sulla conservazione della tradizione, cosa che da sempre, il teatro Sannazaro, porta avanti; d’altro canto, però, da qualche anno alla tradizione si aggiunge un’apertura verso il contemporaneo realizzata grazie a spettacoli ed artisti, come in questo caso l’autore Corrado Ardone, capaci di cogliere le ambiguità, le ombre ma anche i punti di forza del presente.

Insomma uno spettacolo che racconta un passato che non passa e un presente che mostra poche aperture verso il futuro perché il vero scandalo è che quella di Liliana è la storia di dieci, cento, mille donne, oggi, ma forse, anche, domani e sempre.


TRAMA

È il tre marzo 1930. Napoli viene scossa dalla notizia della morte di una famosissima artista: Liliana Castagnola.

La celebre chanteuse viene ritrovata senza vita nella camera della pensione degli artisti Ida Rosa in via Sedil di Porto, laddove era solita soggiornare in città. Spregiudicata e fatale, incantevole e maledetta, alla lunga lista di flirt che riuscì a collezionare nella sua breve vita, figura anche Antonio de Curtis, in arte Totò.

Ma quest’ultimo non fu l’ennesima avventura, bensì il grande e forse unico vero amore della celebre artista i cui trascorsi, sempre in bilico fra cronaca rosa e nera, finiscono spesso sui giornali alimentando la sua leggenda di femme fatale.

L’incontro della esplosiva Liliana con Totò avvenne a Napoli nel dicembre del 1929. Recitavano in teatri diversi: lui al Nuovo, lei al Santa Lucia; e Liliana, in una serata di riposo della sua compagnia, andò ad assistere allo spettacolo del giovane comico. Poche parole, scambiate in camerino dopo la recita. La sera successiva, nel suo camerino, la cantante trovò un cesto di rose, con un biglietto dell’attore: «E’ con il profumo di queste rose che vi esprimo tutta la mia profonda ammirazione”. Rispose lei, con un altro biglietto: “Grazie, ma voglio ricordarvi che, quando queste meravigliose rose appassiranno, dovranno essere sostituite con altre. Sabato, al Santa Lucia, canterò per voi le mie più belle canzoni».

Fu l’inizio di un grande amore. La Castagnola ha 35 anni, troppi per il mondo spietato del Café Chantant; ha avuto molti amanti, relazioni importanti spesso sfociate in drammatici epiloghi, ma trova in de Curtis il compagno ideale. “Per te, per questo nostro grande amore”, insisteva lei “sono pronta anche a rinunziare alla carriera”. Ma probabilmente le parole appassionate della attrice non furono credute in pieno dal giovane comico, il quale decise di interrompere bruscamente la relazione. Il sentimento di lei è prepotente troppo impegnativo per lui tant’è che decide di accettare una scrittura con la compagnia Cabiria che lo avrebbe portato a lavorare a Padova.

Liliana prova ad incontrarlo ancora una volta, consapevole di non avere la forza di troncare quella relazione in cui ha riposto le aspettative di tutto il suo futuro.

Non ci riesce, allora indossa i suoi abiti migliori, si trucca e scrive una lettera appassionata al suo amore andato e decide di suicidarsi.

E’ in quella camera che Totò la troverà il mattino successivo. Conserverà per tutta la vita quella lettera ed un fazzoletto, sporco del suo mascara, sciolto con le lacrime di quella sera disperata.

Chiamerà la sua unica figlia Liliana. E farà seppellire le spoglie dell’artista nella cappella di famiglia.

A lei dedicherà questi versi:

«È morta, se n’è ghiuta ‘nparaviso! Pecchè nun porto ‘o llutto? Nun è cosa rispongo ‘a gente e faccio ‘o pizzo a riso ma dinto ‘o core è tutto n’ata cosa!»

Com’è morta Liliana Castagnola? Ma soprattutto chi era veramente? Il testo ne analizza la personalità, la vita d’attrice e di donna attraverso una presunta indagine ad opera di un maresciallo, che nell’ascoltare le testimonianze di coloro i quali ebbero modo di frequentarla ne disegnerà un profilo basato su cenni storici e cronache del periodo il più fedele ed accurato possibile.

Un viaggio attraverso un’epoca, con i suoi eccessi e le sue censure, un mondo affascinante e misterioso quale quello degli artisti di varietà, le chanteuse che hanno scritto pagine indelebili nel mondo del Cafè Chantant.

Ma allo stesso tempo uno sguardo diverso sul Totò uomo, artista ancora agli albori della carriera, che sarebbe poi diventato l’icona che conosciamo oggi.

Un percorso anomalo, dai toni noir che parla di costrizioni ed ostentazioni, di passione, di rancore e di pregiudizio, quel pregiudizio che probabilmente costò la vita alla giovane diva.

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